Mario Draghi ha messo il futuro sulle rotaie. In poco più di un anno ha reso la nostra campagna vaccinale tra le più efficienti dei grandi paesi democratici. Ha fatto una riforma della giustizia, che sia piaciuta o meno, comunque importante. Nel 2021 l’economia italiana è cresciuta del 6,5 per cento e, nonostante sia scoppiata una guerra nel centro dell’Europa, nel 2022 ha fatto registrare una crescita acquisita pari al 3,4 per cento: cresciamo più di Germania, Francia e anche degli Stati Uniti.

Negli ultimi vent’anni, come ci ha ricordato qualche giorno fa lo stesso Draghi, in Italia il Pil non è mai cresciuto più del 2 per cento.

L’occupazione ha superato il 60 per cento. Mai così tanti occupati dal 1977, ovvero da quando l’Istat li conta. Le riforme della concorrenza per taxi e concessioni balneari erano bloccate dagli anni Settanta.

Tra il ddl Aiuti e il ddl Aiuti bis ha disposto 52 miliardi per aiutare l’economia e le famiglie. Ci ha regalato una credibilità in Europa come mai abbiamo goduto prima. A questo punto, gli mancava solo di farci qualificare ai Mondiali di calcio in Qatar. Magari la prossima volta.

Mario Draghi è un uomo estremamente popolare e da quando è caduto il governo lo è ancora di più. Gli elettori hanno capito bene, sia a destra che a sinistra, che è stato un grave errore fermarlo. Ora, andata come è andata, non c’è tempo per rimuginare sul passato. Occorre capire come fare per “ritornare al futuro”.

Continuare a occuparsi di lavoro e mantenere il passo con i soldi del Pnrr in modo che continuino ad arrivare. E per fare questo occorre vincere le elezioni.

In tanti anni in cui mi sono occupato di politica non ho mai visto un gruppo che ha l’occasione di vincere e invece preferisce perdere. Se a sinistra si mettessero semplicemente insieme avrebbero in mano le sorti del paese.

Invece delle manfrine e dei tweet di insulti delle ultime settimane, nella manciata di giorni che rimane dovrebbero concentrarsi solo a come presentarsi compatti, cosicché il 25 settembre si possa assistere a un entusiasmante duello all’ultimo voto. Certo, non sarà facile formare un’unità di governo tra le diverse idee, ma non più difficile di quello che accadrebbe a destra, anzi. Il centrodestra ha dimostrato finora di non averne proprio, di idee.

È apprezzabile il lavoro da federatore che ha fatto finora Enrico Letta con Azione, +Europa, Verdi e Sinistra italiana. Carlo Calenda se ne è andato. Davvero geniale. Pazienza. Adesso però è più facile aprire ai Cinque stelle e occorre farlo subito. Con un colpo di reni finale ci si può presentare in tempo con la formazione giusta. La partita si gioca nei prossimi giorni.

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