Quattro a tre. Quattro a favore, un contrario e due astenuti. Il Consiglio dei amministrazione della Rai ha sancito di dirottare ad altri usi le risorse congelate destinate in precedenza alle 23 edizioni notturne dei Tg regionali. Telegiornali della durata di cinque minuti. 

La questione è importante, ma lo è ben al di là dei più immediati risparmi che questa operazione consentirà all’azienda pubblica. La decisione, infatti, ripropone un drammatico problema: quale senso dare all’offerta di news quotidiane (e in questo caso notturne) della Rai? Un senso che la tv pubblica negli anni ha perduto restando prigioniera dell’impronta spartitoria, per mano dei partiti, di un’Italia d’altri tempi. Le edizioni del telegiornale, magate in onda a raffica, fanno somigliare i canali della Rai in all news interrotti saltuariamente da quelli che dovrebbero essere programmi veri e propri.

Il tema è strategico e nell’azienda non c’è nessuno che non ne parli o non lo comprenda. Lo capiscono anche i tanti timorosi, quelli che non sanno cosa ne sarà del loro futuro in Rai una volta che la riorganizzazione avrà intrapreso il suo corso e sarà portata a termine. Questi timori si riassumono nella protesta contro gli «interventi singoli attuati al di fuori di un piano d’intervento generale». Un piano in cui i sindacati possano intervenire, dietro un apposito tavolo, per trovare la quadra ai vari pro e contro individuali e di mestiere. 

Ma si tratta di uno strumento retorico privo di sostanza perché se un singolo provvedimento appare tecnicamente praticabile, utile e necessario, non c’è ragione di non precipitarsi a realizzarlo. Né sarebbe logico pretendere che il sindacato non storca il naso.

Per questo pare bizzarro che un paio di consiglieri abbiano deciso di risolvere la questione optando per l’astensione. Infatti, un consigliere che di fronte a un tema così strategico scelga di non essere né a favore né contro, quindi di non esprimersi, dimostra di non avere la più pallida idea dei problemi dell’azienda che in precedenza si è candidato a governare.

Oppure un’idea se la sono fatta, ma hanno paura, e dunque l’astensione diventa una furbata dozzinale riconducibile a quelle correnti di ambienti e pratiche minori.

Il settimanale inglese The Economist, come fece per Silvio Berlusconi, li definirebbe unfit (inadatto/a) a quel mestiere.  

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