Nessuno nomina più la parola consumismo: si invoca dovunque una ripresa dei consumi, si vuole a tutti i costi “salvare il Natale”, intendendo soprattutto salvare i consumi che accompagnano Natale e Capodanno. Consumare di nuovo, come segno benedetto di ripresa economica.

Quand’ero giovane io, erano molti i sociologi e filosofi che mettevano in guardia contro l’enfasi della società dei consumi: indicavano nel consumismo il responsabile di una riduzione dell’uomo a merce e addirittura di una de-realizzazione complessiva della realtà ridotta a spettacolo. Esagerazioni, forse.

Quelli insistevano che ormai non si comprava più la cosa ma l’immagine della cosa, non perché se ne avesse bisogno ma perché funzionava come status symbol. Il superfluo e l’appariscente diventavano l’essenziale.

L’economia, anche ora, si basa moltissimo sul desiderio del superfluo; ma il Covid ci costringe a tutelare la produzione dei beni primari, o almeno è questa la direzione politica che si è presa.

Tra i numeri che intasano i media ogni giorno, non ci sono quelli dei contagi che possono avvenire nelle fabbriche, nei magazzini, nei cantieri, là dove gli operai non possono mantenere le distanze più di tanto, e lo smart working non è possibile.

Sui luoghi di lavoro come luoghi di contagio è calato un pudico velo di silenzio, perché le “attività produttive” non si possono interrompere; mentre i luoghi di intrattenimento, di socialità, di svago o di sport sono quasi tutti off limits e quello ce lo possiamo permettere.

Un’altra cosa dicevano, quei sociologi e filosofi: che il consumismo creava una specie di euforia, per cui anche il ceto medio o medio-basso aveva l’impressione di potersi concedere l’abbondanza, il luccichìo; comprando un piccolo oggetto nel rutilante centro commerciale, viveva nell’illusione di comprarsi un pezzettino del Tutto. Il consumismo come (falso) annullamento delle disuguaglianze.

Il Covid ha spento l’euforia, la depressione monta; ma il consumismo non si è spento, né si è mutato in consapevolezza morale; sarebbe bello che si recuperassero i sentimenti che non costano niente, le soddisfazioni legate al sacrificio e al lottare insieme.

Temo che un anno non basti, che dopo il vaccino la pandemia verrà derubricata ad incidente: dopo le Torri Gemelle, l’allora sindaco di New York Rudolph Giuliani diceva ai newyorkesi «se amate l’America, scendete e comprate».

Intanto, il piacere del superfluo sta diventando un consumismo moderato, contraddizione in termini, ma soprattutto un consumismo solitario, attraverso gli acquisti su Internet.

Il nuovo Babbo Natale sarà Amazon.

La Rete, ormai si è capito, è un luogo di contrapposizioni per bande, non certo di solidarietà; il consumismo senza la finta euforia di luminarie e mercatini rimette in triste evidenza le disuguaglianze.

Le cose non nominate vanno in suppurazione; saremo felici quando, a Covid debellato, potremo di nuovo tuffarci nell’inganno.

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