In questa brevissima e bollente campagna elettorale i partiti non possono permettersi nessun passo falso, non possono giocarsi nemmeno un voto che sarebbe poi difficile da recuperare entro il 25 settembre. Figuriamoci perciò se si può dire che la pandemia non è finita e che con l’autunno si sommerà al ritorno dell’influenza (speriamo non anche a un’esplosione del vaiolo delle scimmie).

Si promettono tagli alle tasse e contributi ai giovani, ma nemmeno un cenno agli impianti di ventilazione nelle scuole e in altri luoghi affollati, o alla necessità di mantenere al chiuso le mascherine ffp2. Oltre 1.000 morti a settimana non fanno più notizia. La parola d’ordine è: basta covid.

Tutt’al più, se ne parla per abolire l’isolamento dei positivi asintomatici, come prospetta il sottosegretario alla salute Andrea Costa, continuando a sperare che, ignorandola, la pandemia sparirà da sola. E, compiacendosi dell’apparente tenuta del sistema sanitario, si ignora l’impatto socioeconomico nel tempo di milioni di contagiati.  

Secondo i dati ufficiali britannici riportati dal Financial Times, a maggio di quest’anno 2 milioni di cittadini adulti di Sua Maestà lamentavano sintomi di long covid. Circa uno su cinque di questi riferiva che la stanchezza, la tosse, il mal di testa, i dolori agli arti o gli altri disturbi permanenti limitavano le attività quotidiane, a un livello che per uno su dieci significava l’impossibilità di lavorare a tempo pieno.

Attualmente si stima che, a causa di long covid, solo nel Regno unito ogni giorno manchino all’appello circa 110.000 lavoratori.

Negli Stati Uniti, i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie di Atlanta hanno stimato che quasi il 15 per cento degli adulti ha sperimentato un malessere durato più di tre mesi dopo la malattia, anche lieve, e che all’inizio di luglio il 7,6 per cento si trovasse in questa situazione, con uno o più sintomi di long covid.

Oltre a questo, un rapporto pubblicato a maggio dalla stessa autorevole agenzia calcolava che almeno un contagiato su 5 sotto i 65 anni e uno su 4 tra i più anziani sviluppa dopo covid-19 almeno un’altra malattia o condizione tra le 26 più spesso correlabili alla precedente infezione: per esempio disturbi di ansia, ma anche insufficienza renale, malattie cardiache, respiratorie ed ematologiche, un diabete o un ictus.

Questi pazienti non sono malati Covid, non hanno tamponi positivi, non sono registrati tra quelli che sovraccaricano gli ospedali o le terapie intensive a causa della pandemia, né tanto meno nel conteggio delle vittime, ma se non avessero avuto quella settimana di febbre, tosse e mal di gola il loro organismo non avrebbe subito quei danni.

Chi governerà nei prossimi mesi, si troverà necessariamente a doversene occupare.

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