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Il diritto di essere vittime non deve diventare un’arma solo per i più forti

  • Dopo l’ennesima difesa di Trump proclamatosi perseguitato politico, le idee di René Girard su come la parola “vittima” connoti la nostra società sono più che mai attuali. Oggi dichiararsi “vittima” è diventata una prassi di difesa di ogni parte della società e perfino di Nazioni.
  • Poter denunciare di essere offesi o perseguitati è una delle grandi conquiste della nostra civiltà contemporanea, ma c’è un momento in cui il sentimento di empatia verso le vittime deve lasciare il posto alla ragione, permettendo alla giustizia di fare il suo corso.
  • Se dichiaraci vittime è un diritto, accettare quel diritto significa anche accettare il suo limite, oltre il quale dichiararsi perseguitati diventa sempre meno mezzo di denuncia e sempre più arma di vendetta. Altrimenti il rischio è di sfiduciare quelle istituzioni capaci davvero di tutelare la giustizia.

«Nessun periodo storico, nessuna società che conosciamo ha mai parlato di vittime come noi. (…) Siamo tutti attori e testimoni di una grande prima antropologica». Quando René Girard scriveva queste parole nel 2001, il mondo non aveva ancora cominciato a scambiarsi accuse sui social e Donald Trump era solo un abile imprenditore che rischiava il carcere per bancarotta senza che si evocasse per questo alcuna congiura contro di lui. Il filosofo, però, aveva individuato una tendenza storica e

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