Le molteplici analisi sul futuro dell’attuale governo e sulle prossime elezioni per il Quirinale omettono un elemento fondamentale legato al Next generation Eu (in Italia il Pnrr). Oltre 750 miliardi messi in comune, a dono o a prestito, sono una somma notevole, soprattutto se si considera i passati 15 anni trascorsi dagli stati membri a litigare su somme molto minori e sulle regole dell’austerità.

Davanti alla crisi greca o a quella finanziaria del 2008 l’Europa ha reagito dividendosi con il risultato di perdere tempo, favorire le speculazioni e allungare i tempi e i costi di soluzione.

È noto che c’è stata un’incandescente polemica sulle priorità: salvare le banche o le fasce di colpite della popolazione. Ciò ha provocato reazioni e in particolare un’ondata di antipatia per le istituzioni europee considerate poco empatiche con i cittadini in crisi e prigioniere delle logiche liberiste.

Di conseguenza si è avuta una crescita esponenziale degli euroscettici e dei populisti o sovranisti, uniti da una propaganda anti-Ue favorevole ad una sorta di ritorno all’indietro.

Tale passaggio, caratterizzato dallo slogan “l’Europa delle nazioni”, ovviamente omette di ricordare che tale Europa l’abbiamo già sperimentata con il tragico epilogo di due guerre mondiali: a questo porta il nazionalismo.

Con la crisi della pandemia si è finalmente spezzato l’argine dell’egoismo europeo giungendo (anche grazie all’uscita della Gran Bretagna) ad un difficile ma sostanziale accordo sulla mutualizzazione del debito, per ora parziale e temporaneo ma molto significativo.

Un tabù è stato rotto: gli europei hanno scelto di aiutarsi a vicenda con una politica solidaristica. Ora viene il momento della verifica: si tratta di far funzionare il Next generation Eu e di provare, risultati alla mano, che tale scelta paga.

Per questo tutti gli occhi sono puntati sull’Italia, la più forte percettrice dei soldi europei. Se il Next generation Eu avrà successo si aprirà una nuova fase: un ritorno della politica nel governo dell’economia, con al centro la tenuta sociale e il welfare. Se fallirà ci sarà una crisi dell’Ue forse definitiva.

La contesa tra successo e fallimento si gioca in Italia: se sapremo usare bene quei soldi saremo i protagonisti della ripartenza europea, altrimenti saremo la sua rovina. Ecco perché i nostri partner sono fortemente interessati a chi siede e siederà da qui al 2026 a palazzo Chigi e produrranno notevoli pressioni perché il Pnrr abbia successo e perché a governarlo sia qualcuno di loro fiducia.

Qualcuno in Italia griderà allo scandalo e schiamazzerà con futili proclami nazionalisti ma d’altra parte sono soldi loro. Ogni buona previsione politica sul 2022-2023 ne deve tener conto.

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