A poco a poco, si fa strada l’idea che l’Italia possa rinunciare a una parte dei fondi del Pnrr, come suggerisce il capogruppo della Lega Molinari. Sarebbe addirittura meglio, hanno scritto Boeri e Perotti su Repubblica, dato che quei soldi non riusciamo a spenderli e quindi, al più, li useremmo male.

Ma mancare il Pnrr sarebbe un fallimento che rischia di sancire, in via definitiva, il declino e la marginalità dell’Italia. Rinunciare ai fondi del Pnrr è sbagliato, intanto, per un motivo di verità. Il Piano non è certo perfetto e in molti casi si sono svuotati i cassetti dei ministeri. Ma benché impegnativo non è fuori dalla nostra portata: il governo Draghi stava rispettando la tabella di marcia e gli attuali problemi sono responsabilità del governo Meloni, sia sul lato delle riforme, ritardate o mancate, sia su quello della spinta a realizzare le opere.

Secondo, rinunciare al Pnrr è sbagliato perché (lo ricorda Giavazzi sul Corriere) i mercati non ce lo perdonerebbero, lo spread riprenderebbe ad aumentare, e questo per giunta in una situazione di estrema fragilità del sistema bancario, in Europa e nel mondo. D’altra parte, secondo tutte le stime i progetti del Pnrr e le connesse riforme farebbero crescere la nostra economia, di diversi punti di Pil nei prossimi anni.

Terzo, c’è una ragione forse ancora più importante, politica e di prospettiva. Il fallimento del Pnrr segnerebbe la grave rottura di un cordone ombelicale virtuoso con l’Europa, ricostruito in questi anni dai governi Conte II e Draghi, e potrebbe inaugurare l’inizio di una nuova fase del governo Meloni: verso una chiara deriva, sovranista e illiberale, di tipo ungherese o polacco. Di questa deriva già vi sono diverse avvisaglie: dal rifiuto di ratificare la riforma del Mes (che non vuol dire richiederlo, come racconta la destra), all’opposizione contro le norme europee per ridurre le emissioni, alla scelta, solitaria e oscurantista, di proibire la carne coltivata; fino ai ripetuti attacchi ai diritti civili e alla memoria della Resistenza. Fallito il Pnrr, difficilmente l’Italia potrà domandare all’Europa quello di cui più avrà bisogno nei prossimi anni, in virtù delle nuove norme sulle auto elettriche e sull’efficientamento energetico: massicci aiuti per la conversione ecologica e per investire nelle rinnovabili. E il Governo si chiuderà probabilmente ancora più a riccio, nel denunciare un’Europa dipinta nuovamente (e ingiustamente) come matrigna.

Di fronte a una prospettiva del genere, è fondamentale che tutte le opposizioni siano unite nel chiedere al Governo, innanzitutto, il rispetto del piano. E se il Governo fallisce, allora devono esigere compattamente le dimissioni di Meloni: per aprire una fase nuova, per evitare che l’Italia sprofondi in un destino di povertà crescente e perdita di diritti.

 

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