Il più del lavoro per spostare verso destra l’asse della Rai è stato già fatto con la fuoruscita di Fazio e Annunziata, il “cordiale” e la “cinica”, di sicuro i “sinistri” più insidiosi perché entrambi capaci di andare al di là, lui in un modo lei in un altro, del giro dei fedeli già convinti. Ci è già capitato di osservare che entrambi hanno agito in modo saggio a cercarsi un posto altrove perché programmi come i loro non possono essere realizzati se non in una azienda che ti sia amica fino in fondo.

L’usato insicuro

Per quanto riguarda l’autunno, che per la tv è all’ordine del giorno, siamo, mentre i vertici assestano i palinsesti, solo a indiscrezioni circa gli attesi paracadutati della Destra. Che però non sono paracadutisti, ma gente che già abitava nei dintorni o in Rai aveva lasciato le valige durante un ultimo soggiorno. Come Barbareschi e De Girolamo, talenti strappati, rispettivamente, alla fiction e alla politica e che messi a giocare in altro campo, hanno già avuto in Rai la loro occasione di sbagliare.

Novizio in Rai è solo Filippo Facci, del quale sempre si sottolinea che pur di destra è “anarchico” e cioè ci tiene a farlo strano. Farà cucù per 5 minuti alle 12.55 in scia ai Fatti Vostri di Guardì, sperando che non finisca col prenderne il sapore. In quei 5 minuti, in ogni caso saranno messi all’opera conduttore e redazione e poi traslocherà, magari, dal dire breve al dire a lungo in qualche luogo della sera.

L’egemonia

La questione dell’egemonia culturale, pensiero fisso del ministro della cultura (e dipendente Rai in aspettativa), viene affrontata, se le voci sono fondate, nell’orario di Rai Tre attorno ad ora pranzo finora dominato dall’illuminismo garantito di Mieli e Zanchini (con l’apporto di Augias). Lì sembra che a parlare con i colti a beneficio degli interessati a storia, libri ed alti temi vari, si darebbero il turno Zanchini, il fondatore, con Giordano Guerri e Marcello Veneziani e magari qualcun altro adatto a spencolare la barca verso destra. Un caso interessante invero senza precedenti di lottizzazione orizzontale. E, se mai prendesse corpo, un autentico pasticcio applicato al palinsesto ridotto a torta da affettare.

L’egemonia per così dire popolaresca dovrà assicurarla, sembra, Pino Insegno alla conduzione de’ L’Eredità, la macchina da guerra di Rai Uno. Insegno è caldo quanto il ghiaccio al Polo eppure gioca da simpaticone. Sarà interessante in base alle performances d’auditel delle prime settimane, misurarne i risultati a confronto con Insinna il predecessore che, nel sintonizzarsi al pubblico nazional popolare ha imparato a nascondere l’astuzia e mostrare il cuore.

Più di qualche sparsa osservazione basata sui curricula passati al momento non sarebbe equo dire. Più che la cosiddetta “idea” nel campo dei programmi conta il “fare” tanto più che è col farsi che nascono le idee che centrano o falliscono il rapporto con il pubblico.

Il micro terremoto

Nell’insieme, a giudicare da quanto emerso finora, ci sarà sì l’attesa scossa, ma al grado 0,5 della scala Rai e, per lo più concentrata nel piccolo mondo di agenti, conduttori e influencer assortiti da tinello, e attenta, va sottolineato, a non innescare il lamento degli esclusi.

Quanto al pubblico granché non cambierà perché i movimenti di sistema – fra tv generalista, piattaforme e rete - dipendono da fattori d’età e di reddito che i palinsesti di stagione non sono in gradi d’intaccare. Semmai qualcosa, perfino un terremoto vero, ci sarebbe un minuto dopo che la famiglia Berlusconi sbolognasse Mediaset a qualcuno più interessato a produrre che a pompare Publitalia. Ma questa sarebbe la fine del duopolio, che non è passerella da tabloid, ma sostanza politica e d’affari.

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