Assomigliano a lager, intreccio di gabbie e reticolati. Sono i Cpr, centri di permanenza e rimpatrio. Oggi sono dieci. Questo governo, col decreto Cutro, li raddoppia. Formalmente, per incrementare le espulsioni dei migranti irregolari. Ma visto che i rimpatri languono da decenni per mancanza di accordi coi paesi di origine, aumentare i Cpr-lager diventa dichiarazione di inospitalità, postura cattivista.

D’altronde, dopo l’infattibilità dei blocchi navali e il raddoppio del numero di sbarchi, due erano le possibilità: un progetto di integrazione o l’inasprimento detentivo. Si sceglie la seconda via aumentando le celle e gli illegali, moltiplicati, c’è da giurarlo, tagliando le protezioni speciali.

Un nemico collettivo

Si preferisce produrre clandestini che rispondere al bisogno di manodopera arrivato da distretti industriali e terreni agricoli. Parliamo di milioni di lavoratori che mancano. Si sceglie la costruzione di un nemico collettivo, si invoca la minaccia di sostituzione etnica.

Con la complicità delle televisioni amiche – l’abuso della telecamera nascosta non per documentare un crimine, ma per additare l’uomo nero – si vara una campagna securitaria permanente contro il nemico pubblico, l’usurpatore.

Il taglione

Nel quadro di questa offensiva, i Cpr fungono da vessillo e monito. Lo scandalo di questi centri, nominati via via con sigle diverse, risale alla fine degli anni Novanta. Varati con Giorgio Napolitano al Viminale, sono stati via via aperti e chiusi, esaltati e denigrati. Nessun governo ha fatto qualcosa di serio per superarli.

Il Pd per anni li ha tollerati con doppiezza. Ma oggi diventano emblema del monopolio della forza che tanto piace a questa destra. Perciò non desta alcuno scandalo l’inchiesta con la quale, giovedì scorso, Piazzapulita ha documentato la situazione nei Cpr di Gorizia e Palazzo San Gervasio: maltrattamenti, abuso di sedativi, condizioni igieniche atroci, disabili psichici rinchiusi come animali.

La risposta da destra (con puntuale fanfara dei giornali famigli) è questa: chi è stato menato o sedato, aveva commesso violenze e non era certo uno stinco di santo. Risposta che riduce lo stato di diritto a figurina e legittima il taglione.

Il modello Cutro

Eppure, nei centri, circa il 60 per cento dei reclusi è gravato di semplice procedimento amministrativo: permesso di soggiorno scaduto e conseguente provvedimento di espulsione. È conforme al rispetto dei diritti della persona la detenzione estrema di chi non ha commesso un reato? Cinque suicidi nel solo 2022 non sono una statistica: sono una sconfitta dello stato.

I dati forniti dal garante Mauro Palma ci dicono che oltre la metà dei detenuti non viene espulso. Dunque, abbiamo migliaia di zombie rilasciati dopo mesi da incubo, spesso dipendenti da droga e narcotici. Fuori dai lager, dentro un circuito di sfruttamento e illegalità.

Benvenuti nel modello Cutro: si fabbricano criminali, poi si liberano, infine si dà loro la caccia. D’altronde, non hanno preso i voti per salvare l’uomo bianco?

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