Il nuovo ordine d’Alaska non durerà senza l’Europa

Gli europei non si illudano: nell’incontro Trump-Putin l’Ucraina non sarà l’unico tema dal quale saranno esclusi. Il tycoon deve ottenere un successo su quel dossier per dimostrare di essere il “leader che porta la pace”, ma le due superpotenze hanno altro di cui discutere: questioni strategiche per il futuro. Anche per ciò non ci sarà Zelensky. La Russia sfonda il fronte prima del vertice. Zelensky: «Non cederemo terre» Anzitutto, a Usa e Russia serve un controllo della regione artica per le materie prime e perché con la fusione dei ghiacci diventerà un passaggio cruciale sia commerciale che militare: nel frattempo bisogna accordarsi, guardando anche alla Cina. Per Washington, Pechino è il maggior competitor economico: punta alla Groenlandia, fa pressione sul Canada, non può permettersi alcuna “neutralità” (danese o canadese) sul quadrante artico. Mosca, malgrado il vantaggio geografico, teme l’invasione cinese: già la Siberia è piena di cinesi che vi lavorano perché i russi sono pochi; la sfida è anzitutto demografica. Nucleare, armi, equilibri Usa e Russia sono le due superpotenze nucleari (la terza, Pechino, è indietro per numero di testate e sistemi di lancio) e tutti o quasi i trattati di disarmo o riduzione tra le due sono stati reciprocamente denunciati: americani e russi si ritrovano a un “punto zero”, quasi fossero al tempo di JFK e Krusciov. Situazione che non piace a nessuno: c’è il rischio di errori, incidenti e la possibilità crescente di uso dell’arma. Di nuovo c’è che i russi vorrebbero convincere Washington che “l’atomica tattica” non è da considerare al pari delle altre: dossier molto più rilevante della guerra in Ucraina in sé, che può tuttavia diventarne il terreno di tragica sperimentazione. Inoltre i due vogliono limitare la proliferazione (Iran). Il sistema Trump, e cioè il mercatismo con dazi al posto dell’iperliberismo, non spiace ai russi che si erano inseriti nella globalizzazione con l’energia e le armi convenzionali: troppo poco per contare. Manca ai russi il big tech e l’innovazione più avanzata. Possono trovare aiuto – ma pure dipendenza – dalla Cina. Nel settore dello spazio sono ancora superiori, anche per il capitale umano (ingegneri e scienziati russi di primo livello). Trump vuole spezzare la connessione tra tecnologia cinese e know how russo. L’accordo non è dei più facili. Ci sono poi gli equilibri mondiali: Mosca non è potenza commerciale globale ma controlla molti corridoi e spazi; può condizionare passaggi e colli di bottiglia, soprattutto nell’emisfero nord. Gli Usa controllano i mari ma non la terra, non quanto i russi. Quanto a Gaza, per i due conta la stabilità dell’area. Dopo la perdita della Siria, Mosca vuole rientrare in gioco; Trump può accettarlo se ciò alleggerisce gli Usa in Siria o Iraq, o se Putin aiuta a contenere l’Iran. Insoluto il nodo Israele. In Africa, dopo Wagner, Mosca usa Afrika Corps per influenzare i regimi africani, soprattutto nel Sahel. Trump si è inserito nella trattativa tra Ruanda e Congo democratico. Per entrambi lo scenario africano è troppo complesso e pieno di incognite, incluso il ruolo di paesi del Golfo e Turchia. Usa e Russia potrebbero trovare un accordo su zone di influenza. Ci sono pure Caucaso, Balcani. E l’Indopacifico, Taiwan: molto di cui discutere. L’Europa non deve opporsi alla fine della guerra in Ucraina rischiando che gli Usa abbandonino il campo e riaprano alla Russia da soli. Lo scambio “pace per territori” è ingiusto ma – se tregua sarà – prima la vita. La potenza normativa Gli europei facciano presente che un nuovo ordine richiede nuove regole ovvero garanzie: solo l’Europa, vera potenza normativa globale, può dimostrare ai due (e a Xi) che a spallate non si governa il mondo; ha imparato a sue spese che la politica della forza non ha futuro. Scrisse san Giovanni Paolo II in tempi bui per la Polonia: «Debole è il popolo quando acconsente alla sconfitta, quando dimentica la sua missione di vegliare fino a che giunga l’ora. Le ore ritornano sempre sul grande quadrante della storia». Per l’Ue debolezza è pensarsi sconfitta: da un nuovo sistema di regole deve passare anche chi ora le disprezza. Anu Bradford: «Europei, non cedete a Trump. L’Ue è leader globale dei diritti»