In questa Italia di destra, che ha eletto Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana alle presidenze di Senato e Camera, leggere Fumettibrutti (e pubblicarla) è un atto politico. E non per le ragioni più ovvie, cioè il fatto che Josephine Yole Signorelli tratta tematiche di generi fluidi, intercambiabili, non binari e così via che farebbero inorridire i due neoeletti vertici delle istituzioni. Per turbare certe sensibilità a destra basta un gay pride un po’ colorato.  

No, Fumettibrutti è una lettura politica per la ragione opposta: perché riporta le questioni del genere e dell’identità nella sfera da cui sono partite, quella personale, anzi, intima.

Il personale non è mai stato così politico. E lo dimostra l’inizio della storia a puntate che pubblichiamo su Finzioni, il nostro mensile di cultura e altre cose interessanti, in edicola e in digitale da domani: al momento dello scoppio della guerra in Ucraina, Yole decide di partire comunque per la Thailandia, per risolvere questioni rimaste in sospeso del processo di adeguamento del suo copro alla sua identità.

In Anestesia (Feltrinelli Comics), Fumettibrutti ha raccontato quel percorso di libertà che aveva bisogno di medici, operazioni e ospedali e come è stato accompagnato da umiliazioni e dolori difficilmente immaginabili per chi discute di legge Zan senza aver mai conosciuto qualcuno che si è davvero confrontato con le questioni dell’identità di genere.

Leggere Fumettibrutti nell’Italia di Giorgia Meloni, dicevo, è un atto politico perché riafferma la centralità dell’individuo e il suo diritto all’autodeterminazione, qualunque prezzo comporti, perché in che altro modo si valuta una società se non per la sua capacità di permettere a tutti di vivere la vita che sognano?

Nell’Italia spaventata dalle guerre, dalle bollette, che applaude il conformismo e la “donna forte” al comando con uguale entusiasmo, Fumettibrutti è un elemento di disturbo, il bug del sistema che lo fa vacillare. Per questo sono così contento di averla, con una storia a puntate, sul nostro mensile Finzioni, curato da Beppe Cottafavi. Perché a che serve una pubblicazione culturale se non a togliere certezze a chi ne ha troppe?

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