Una donna indiana è seduta nella grande cucina della sua casa di New York, dove vive da anni. Sta tagliando un ananas con convinzione. Seduta di fronte a lei, la figlia adolescente la osserva in silenzio. A un certo punto sbotta: «Mamma, perché non posso andare a sciare durante le vacanze, come fanno i miei compagni di scuola?». 

La madre le risponde che sciare è uno sport da privilegiati (e da bianchi, sottinteso), e che gli indiani non sciano. «E poi, come ti viene in mente, perché mai vorresti sciare?». La figlia: «Be’, perché è divertente». La madre: «Solo i privilegiati possono fare una cosa scema come sciare. Mettersi in cima a una montagna e oooooh scivolare giù a rotta di collo. Che senso ha. Allora a questo punto buttiamoci direttamente dai palazzi. Divertente, no?». 

La scena appena descritta deriva in realtà da uno sketch di Zarna Garg, attrice comica indiana («comica, immigrata indiana, mamma di tre figli» dice la bio), una molto seguita e molto brava che spesso affronta i temi dell’essere parte di una minoranza, della famiglia asiatica catapultata in occidente, dei privilegi striscianti.

Questione di orgoglio

Zarna Garg è una donna di successo negli Stati Uniti, e nel modo di presentarsi appare benestante, non si finge povera, insomma, e il tema non è esattamente quello della povertà.
C’è qualcosa che ha a che fare con l’orgoglio, invece. Quell’orgoglio che ti porta a non dimenticare le sottili differenze derivanti dal fatto di provenire da un mondo diverso. L’attrice comica, mi sembra chiaro, vuole trasferire quell’orgoglio ai suoi figli (giusto o sbagliato che sia).

Sotto il video dello sketch, si leggono molti commenti. Mi soffermo su uno che dice: «Ma perché prendersela col privilegio? In fondo non facciamo studiare i nostri figli proprio perché da adulti appartengano alle classi sociali privilegiate del paese in cui ci troviamo? Non è questo il punto?». Come dire: te la prendi col privilegio, eppure il privilegio è la tua aspirazione, tu stessa parli seduta nella cucina con l’isola che ti sei comprata col lavoro tuo e di tuo marito.

La questione è interessante. Intanto perché riguarda il privilegio e non la ricchezza in senso stretto (la ricchezza è una parte importante del privilegio, ma non lo esaurisce).
Il privilegio è anche il colore della pelle, il genere, l’appartenenza alla cultura dominante, l’essere conforme agli standard. La bellezza è un privilegio, l’intelligenza di un certo tipo (non tutta, solo quella utile ad acquisire privilegio, ah ah) è un privilegio. E così via.
Il privilegio apre le porte al dinamismo dell’esistenza, perché fornisce accesso a stanze altrimenti inaccessibili. Non si ribadisce mai abbastanza quanto le classi esistano al di là di qualsiasi tentativo di negazione, ma soprattutto quanto il privilegio moltiplichi sé stesso: più ne hai, più ne avrai.

La figlia di Zarna Garg potrebbe benissimo andare a sciare, è del tutto possibile che sua madre possa pagarle uno skipass, un hotel, l’attrezzatura di base e il viaggio verso una località sciistica. Però non ci va perché «gli indiani non sciano».
Ma allora come mai la madre ha fatto di tutto per avere successo negli Stati Uniti, se poi non trasforma questo successo nel privilegio di una vacanza sportiva per la figlia, una vacanza come le vacanze dei privilegiati del paese in cui è emigrata? La madre coltiva altre aspirazioni. Vuole vivere a suo modo, non le interessa integrarsi verso l’alto. Vuole scardinare le cose? È una rivoluzionaria?

In fondo non è importante stabilire se sciare sia privo di senso come buttarsi da un palazzo (in realtà non lo è, l’immagine ha una funzione comica). È utile però mantenere vivo un certo dibattito, senza fossilizzarsi sulla cecità di non vede mai i privilegi anche quando sono evidentissimi, da un lato, e sulla tendenza a vederli invece ovunque, dall’altro.

Cosa significa davvero

Ci sono due caratteristiche del privilegio di cui non si parla spesso. La prima è che in realtà il privilegio è qualcosa che abbiamo fin dalla nascita. Quello che otteniamo col lavoro e la fatica non è privilegio, ma un’opportunità di accesso. Chi ha faticato per avere le cose lo sa: non è lo stesso averle dalla nascita, ed è bene ricordarsi certe distinzioni. Oggi la parola “privilegiato” è usata anche a sproposito, per indicare chiunque abbia più di noi. Ma questa impostazione non aiuta il ragionamento.

La seconda caratteristica è che il privilegio è qualcosa di cui il privilegiato non è quasi mai consapevole. Certo, se il privilegiato non è stupido o insensibile potrà arrivare ad ammettere, in modo razionale, di essere privilegiato. Ma in profondità gli resterà un’incapacità di comprendere appieno.

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