Al momento, contrariamente a molti ipotesi, la destra naviga in acque tranquille.  L’unica, relativa, incognita riguarda Forza Italia. 

Quando di Silvio Berlusconi deporrà lo scettro il partito dovrà decidere cosa è, e dove andare: se proseguire sulla linea benpensante-qualunquista impressa dal fondatore fin dall’inizio, oppure evolvere verso la tradizione liberal-conservatrice, di cui  peraltro vi sono diverse varianti in Europa, o quella popolare di antica ascendenza democratico-cristiana.  Forza Italia rimane in surplace, attende gli eventi, o le decisioni del capo. 

Da un momento all’altro Berlusconi potrebbe decidere di mandare al diavolo il governo, facendo seguito al moto di stizza esibito nei confronti di Ignazio la Russa prima della sua elezione a presidente del Senato, e fornire un appoggio esterno civettando con Renzi e Calenda, sempre che venga permesso questo ennesimo giro di valzer parlamentare. Ma FI lo pagherebbe a caro prezzo alle urne. E di questo ne sono consapevoli i suoi eletti, al centro e in periferia.

La Lega ha dimezzato i propri voti (altro che sconfitta del Pd) ma Salvini è ancora saldamente in sella perché ha un controllo ferreo dell’organizzazione, e possiede capacità politiche e risorse comunicative che surclassano tutti gli altri. Eppure non si intravede più una strategia.

La nazionalizzazione del partito con lo sbarco al Sud si è arenata. Questa ritirata è compensata, apparentemente, dal rilancio dell’autonomia differenziata. Ma il ritorno nel ridotto del nord relega il partito alle dimensioni attuali. Con questa deriva non si può nemmeno sognare il ritorno ai fasti del 2019. Meglio attendere tempi migliori.

 Fratelli d’Italia, invece, gode di ottime prospettive. Il partito si sente saldo al governo perché se venisse disarcionato da una manovra parlamentare dei suoi partner di coalizione non ci sarebbe altro scelta che andare alle elezioni (quello che doveva avvenire sia nel 2019 che nel 2021).

Con un esito scontato:  trionfo della Meloni con conseguente emarginazione dei suoi ex alleati. FdI è diventato un magnete irresistibile per gli elettori della Lega e di Forza Italia perché ne vedono una freschezza e una grinta che sono scomparse dalle loro parti.

Inoltre, FdI ha riportato a sé tutta quell’ l’ampia fascia di nostalgici neo/postfascisti che nei decenni si sono prima acquattati nella Dc e poi negli altri partiti del centro destra, e ora hanno trovato un interprete autentico e senza avversari, mentre Fini doveva vedersela con i Berlusconi e i Bossi  d’un tempo.

La crescita di consensi verso Fdi è connessa con il marasma politico-strategico che attanaglia gli alleati.  

Forza Italia e Lega godono di un ridottissimo spazio di manovra. Sono stretti in un abbraccio soffocante al partito del presidente del Consiglio. Ma cinque anni sono lunghi, lunghissimi, in politica.

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