Per l’anno nuovo gli auguri che si possono fare all’Italia è di evitare un’ennesima crisi di governo al buio provocata da una rissa piuttosto che da un confronto tra progetti di società diversi. D’altronde per qualunque governo in carica il programma del 2021 è già fatto: un piano vaccinale che funzioni senza difetti organizzativi e senza dimenticare nessuno; il rilancio della sanità sul territorio; la presentazione a Bruxelles di un Recovery Plan dignitoso e senza intoppi. A questo si può aggiungere la riforma della legge elettorale in senso proporzionale, ma è solo un optional.

Il 2020 è stato l’anno della pandemia; il 2021 sarà l’anno del vaccino ma anche delle conseguenze economiche e sociali dei lockdown. La prima cosa da fare ora è prepararsi all’impatto dei licenziamenti e dei fallimenti: spalmarli sul più lungo periodo possibile è una strategia che ha già pagato per la crisi del 2008.

Anche se non piacciono agli imprenditori, è a questo che servono i sussidi e il blocco dei licenziamenti: ad allungare i tempi dell’urto per non doverlo subire in una botta sola. Il nostro tessuto economico e sociale non lo reggerebbe.

Su tale linea un accordo bipartisan è possibile, anche con il sostegno dei sindacati.

La zona grigia

L’altro tema delicato per il governo è la zona grigia: tutti coloro che erano nel sommerso, nell’economia precaria, nel lavoro nero ecc., e che a causa di questo non hanno avuto né sussidi, né cassa integrazione, né ristori, niente insomma.

Sui media se ne parla come dei penultimi che ormai fanno la fila per il pane con gli ultimi abituali, cioè i senza fissa dimora, i rom, i poveri.

La realtà è più complessa: si tratta di un ceto basso e medio basso che viveva –talvolta abbastanza bene- nei numerosi interstizi di settore, come nella ristorazione, l’alberghiero, il turismo, i trasporti, la logistica, la cultura e lo spettacolo ecc., incarnando un settore informale a sé stante. L’opportunità ci viene data di far emergere tutti costoro e ridare dignità di lavoro ad occupazioni intermittenti, provvisorie o temporanee.

Un governo degno di questo nome deve assolutamente coglierla: in Italia non può esistere chi vive sui margini del sistema. Ogni lavoro va regolarizzato.

Per la sanità il 2021 è l’occasione di ritornare sul territorio, innervandolo con un impianto semplice e comprensibile ai cittadini. Agli ospedali vanno affidati solo le situazioni più acute e complesse, oltre che a ricerca. Ma attenzione: non si tratta di decentralizzare la sanità degradandola a categoria inferiore.

Così anche nel welfare: conosciamo le lacune ma la possibilità ci viene offerta di ricostruire un sistema di assistenza anch’esso territoriale e domiciliare. Ciò vale soprattutto per gli anziani: glielo dobbiamo dopo tutte queste morti.

Per il resto il Recovery Plan può legittimamente occuparsi di digitalizzazione della pubblica amministrazione, trasporti e mobilità, aree industriali in crisi, mezzogiorno ed economia green. Ma se dimentica o derubrica le urgenze sopra indicate, ci farà sprecare un’occasione unica per il paese.

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