La notizia di questi giorni è che la commissione Europea ha autorizzato la commercializzazione della polvere parzialmente sgrassata di grillo domestico quale nuovo alimento sul mercato dell’Unione europea. Il prodotto è ottenuto dalla specie Acheta domesticus e va ad aggiungersi agli altri due derivati dagli insetti che l’Europa ha già autorizzato a partire dal maggio di due anni fa. Con il regolamento del 3 maggio 2021, infatti, è stato autorizzato il consumo di larve essiccate di Tenebrio molitor, più nota come tarma della farina, in applicazione del regolamento sui novel food del 2018, mentre nel febbraio del 2022 è stata autorizzata la vendita della farina di Locusta migratoria, la comune cavalletta.

Inutile dire che la decisione di questi giorni sta già scatenando le stesse reazioni scomposte di una parte del mondo politico italiano che avevamo già visto nel 2018 e che si ripetono sempre identiche a ogni nuova autorizzazione.

Siamo al sicuro

Foto LaPresse

Sembra di trovarsi di fronte a una reazione pavloviana che chiama in causa la difesa del made in Italy e che va a stimolare in maniera strumentale la naturale ritrosia dei consumatori nei confronti dei cibi nuovi.

Ci sentiamo di rincuorare preventivamente i difensori della nostra identità alimentare in vista delle prossime autorizzazioni, dal momento che in questo momento l’Autorità per la sicurezza alimentare dell’Unione europea (Efsa) sta analizzando altre cinque richieste e tutto fa prevedere che entro l’anno ne verranno autorizzate almeno quattro.

Giova sempre ricordare che l’Efsa ha sede a Parma e che i parametri di sicurezza all’interno del mercato europeo sono molto più stringenti di quelli utilizzati nel resto del mondo.

Ciò nonostante, in Italia queste ovvie considerazioni non hanno evitato le solite inutili polemiche, con il solito corteo di associazioni agricole, politici e giornalisti a vaticinare la prossima fine della cucina italiana a causa di questo regolamento emanato da quei nemici del nostro paese che stanno a Bruxelles.

Le norme sul novel food

Il regolamento europeo sul novel food è stato approvato nel 2015 ed è entrato in vigore nel 2018, come si diceva. La normativa non parla solo di insetti; i novel food, infatti, sono tutti quei cibi definiti nuovi perché frutto di innovazione o perché presenti in abitudini alimentari di paesi che non appartengono alla comunità europea. Il regolamento dice anche che per ogni nuovo prodotto debba essere presentata all’Efsa una richiesta di autorizzazione contenente una specifica analisi del rischio. E quindi dove starebbe l'allarme? Bella domanda.

Quando si parla di Novel Food e di insetti in particolare, bisognerebbe invece partire dall’evidenza empirica di due miliardi di esseri umani che si nutrono quotidianamente di insetti. La stessa Fao da ormai un decennio ne promuove l’utilizzo per l’alimentazione umana; la forte pressione demografica degli ultimi anni, del resto, spinge ulteriormente verso il consumo di larve e insetti.

E i motivi sono abbastanza evidenti: non solo l’incremento della popolazione umana, ma soprattutto l’aumento del benessere di molti paesi, come la Cina o l’India, porteranno a una più alta domanda di alimenti proteici; ma il nostro pianeta non potrà supportare otto miliardi di persone sfamate a bistecche, in quanto per gli allevamenti bovini o suini i consumi di mangimi, acqua e suolo sono elevatissimi e il loro contributo alla produzione di gas serra è altrettanto alto.

Coleotteri a colazione

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Gli insetti, al contrario, forniscono un alimento proteico ricco e con un impatto ambientale molto più basso; per dire, sono necessari 10 kg di mangime per produrre un kg di carne bovina e ne bastano 1,7 per produrre un kg di carne di grillo, non solo ma l’allevamento di insetti comporta bassi consumi di acqua, di suolo e minori emissioni in atmosfera.

Secondo le stime più recenti, nel mondo esistono oltre 1.900 specie di insetti edibili, ossia utilizzate come cibo, consumate in quasi cento paesi. I più consumati sono i coleotteri (maggiolini e scarafaggi), seguiti dai lepidotteri (bruchi, farfalle e falene), fonte di nutrimento soprattutto in Africa subsahariana, e dagli imenotteri (api, vespe e formiche) consumati soprattutto in America latina.

Se il consumo di insetti è così diffuso nel mondo, anche in paesi dove c’è una discreta possibilità di scelta nella propria dieta, un motivo ci sarà.

Barriere psicologiche

Per il momento in Europa restano barriere psicologiche difficili da superare. A ben guardare, tali barriere sono anche difficili da comprendere: perché, ad esempio, i francesi considerano les escargots un piatto prelibato mentre le larve della farina provocano repulsione? Cosa ci trovano gli italiani  nei frutti di mare che cavallette e cicale non potrebbero avere?

Ma questi argomenti non fanno breccia nel nostro paese. Secondo un sondaggio di Coldiretti, un’ampia fetta di italiani sarebbe contraria al consumo degli insetti in quanto estranei alle nostre tradizioni alimentari, solo pochi si dichiarano pronti a consumarli. Ma questo sondaggio dimostra come l’allarme sia del tutto infondato.

Un regolamento che autorizza il consumo e la commercializzazione degli insetti non significa che gli italiani saranno obbligati a mangiare larve e grilli, né che questi verranno serviti nelle mense scolastiche, ma solo che chi vuole, una volta appurato che non facciano male, possa scegliere di mangiarli e che qualcuno possa anche decidere di servirli nel proprio ristorante (dichiarandolo), produrli, importarli o utilizzarli nell’alimentazione del bestiame.

Sempre Coldiretti nel 2017 scriveva: «L’arrivo sulle nostre tavole degli insetti solleva dei precisi interrogativi di carattere sanitario e salutistico ai quali è necessario dare risposte, facendo chiarezza sui metodi di produzione e sulla stessa provenienza e tracciabilità degli insetti».

In genere è doveroso ricordare che l’Ue non emette regolamenti per deregolamentare un settore, anzi spesso viene accusata del contrario, di eccedere nella regolamentazione; è evidente che il regolamento sul novel food è stato emanato proprio per fare chiarezza sui metodi di produzione sulla provenienza e sulla tracciabilità degli insetti stessi.

La redazione della Lega

L’autorizzazione emessa in questi giorni ha provocato l’ennesima e immediata reazione del gruppo parlamentare della Lega: «Altro che tutela delle eccellenze, del made in Italy e della dieta mediterranea: per Bruxelles la priorità sono gli insetti nel piatto. Ma vi sembra normale?!?», si legge nel tweet della delegazione della Lega al parlamento europeo.

Gli insetti per l’alimentazione umana rappresentano, secondo la Lega, una minaccia per le eccellenze italiane. Insomma, Salvini e il suo partito hanno talmente tanta fiducia nel nostro settore agroalimentare da temere che il Parmigiano reggiano e la ‘nduja possano essere sostituiti in un attimo da cavallette e bachi da seta. 

Strabismo “made in” e un caso italiano

Per quanto riguarda la difesa del made in Italy, bisogna anche registrare un certo strabismo; dal momento che in Italia si producono biscotti, snack e chips a base di farine di insetti e che presto la Fucibo di Vicenza metterà sul mercato anche la pasta, rompendo quindi il tabù estremo del simbolo della cucina italiana.

Questo non è forse made in Italy? Non sono ricerca e lavoro italiani? Evidentemente, secondo una parte della politica, ci sono imprese italiane che devono essere sostenute e altre che al contrario vanno penalizzate.

È difficile dire oggi se gli insetti avranno successo in Italia e se entreranno a far parte della nostra quotidianità alimentare. Come abbiamo visto, ci sono molte barriere culturali e benché si dica spesso che gli insetti siano molto buoni, la possibilità che venga superata la diffidenza verso questo nuovo cibo è tutt’altro che scontata.

C’è anche un aspetto estetico da tenere ben presente, parlando di cibo; oggi, infatti, si riscontra anche una evidente ripugnanza, soprattutto per il consumo degli insetti interi; forse proprio per questo e più probabile che, almeno inizialmente, si vada verso un consumo di farine o di cibi trasformati a base di insetti.

Però non dimentichiamoci che oggi l’Italia è il primo paese europeo per consumo di sushi, mentre solo vent’anni fa questa cucina era quasi del tutto sconosciuta nel nostro paese. Chissà che non arrivi presto il momento nel quale al ristorante qualche cliente chiamerà stizzito il cameriere, lamentandosi di non avere nemmeno un insetto nel piatto.

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