- La proposta dello ius scholae è misura lungamente attesa, che andrebbe a sancire il principio per cui chi nasce e cresce in Italia è italiano, e ha diritto di essere riconosciuto come pienamente appartenente alla collettività nazionale.
- Eppure, ciò che per una parte del parlamento (e del paese) è niente più che la traduzione giuridica di una realtà di fatto, per la schiera degli avversari è addirittura un affronto. Gli argomenti contrari fanno leva sulla retorica delle priorità in conflitto: diritti civili o caro-bollette?
- Ma le obiezioni mirano a nascondere il vero nodo politico, che riguarda la concezione etnica del “popolo”, la pretesa di preservare attraverso la discendenza di sangue i confini della nazione, e di far coincidere con essa il diritto di appartenenza.
Per i partiti della destra, lo ius scholae è «una provocazione». Per centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi stranieri, nati o cresciuti in Italia, è una partita che riguarda la vita. Si misura in questo scarto la distanza tra una politica che arranca sul crinale dei diritti, reso sempre più stretto dalla conflittualità di questo finale di legislatura, e le grandi questioni di giustizia che attendono risposte. La proposta attualmente in discussione alla Camera, appoggiata da Pd, M5s e Leu



