Il 7 dicembre la commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai (da qui in poi CoPaVigile) o meglio il presidente, Alberto Barachini di Forza Italia, «su concorde valutazione dei rappresentanti dei gruppi» ha perso un’occasione preziosa per tacere quando ha, col cipiglio più severo, riconvocato l’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, per un confronto, finalmente, “leale e serio”.

Come se le audizioni intercorse di recente fossero state un tutto di manipolazioni e inganni.

La lettera

L’episodio è in sé minore, ma se analizzato con pazienza vale un intero corso di lezioni circa il rapporto fra i mestieranti della politica e le cose.

Al di là delle chiacchiere a contorno, la missiva della CoPaVigile rispecchia, citandoli alla lettera, i timori e le proteste dei giornalisti e tecnici della tv e radio pubblica turbati dalla notizia, resa nota proprio dalla Rai nel corso dell’ultima audizione, che l’edizione notturna dei Tgr verrà abolita a causa del pessimo rapporto fra la spesa e il valore dell’impresa (ne abbiamo parlato il 27 novembre su queste pagine).

Dormiente sul momento, la commissione di Vigilanza Rai, CoPaVigile, al rumore del subbuglio si è lestamente rovesciata nel contrario sicché la chiameremo piuttosto CoPaSpecchio delle turbolenze della vita interna dell’azienda pubblica.

Molestie e contenziosi

Non per caso la medesima missiva chiede «costanti e tempestivi aggiornamenti sulle recenti istruttorie avviate dalla Direzione internal auditing aventi ad oggetto alcune presunte molestie». Non solo, la commissione si riserva di chiamare a deporre «la responsabile della stessa direzione». La lettera chiede, inoltre, un «aggiornamento sullo stato dei contenziosi legali in corso fra la Rai, artisti e cantanti». Con questo la CoPaSpecchio entra in gara coi tabloid e il reporting da faldone.

Strano modo di svolgere la nobile funzione di editore della azienda media pubblica che la legge di riforma del 1976 volle fosse affidata al parlamento.

Un modo addirittura folle nei confronti di un’azienda, che è in sé stessa cosa seria e avrebbe semmai bisogno di un editore pubblico capace di dialogare sugli standard di qualità dell’informazione, sull’incisività della produzione nazionale, sulla spinta all soft power globale del paese. Il punto è che una CoPaVigile ridotta a CoPaSpecchio rovescia la realtà e non genera pensiero.

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