L’ultimo sondaggio condotto da Ilvo Diamanti fa piazza pulita di tutte le stupidaggini lette in queste settimane sulla simpatia, e persino complicità, di parte dell’opinione pubblica con Hamas. La realtà dei dati smentisce questa allucinazione.

Solo il 3 per cento, la dimensione di quella che veniva chiamata una lunatic fringe, una componente alienata e marginale, approva i crimini perpetrati il 7 ottobre. Dov’è allora tutta questa gente gonfia di furore antisemita che odia per principio Israele, come è stato gridato ai quattro venti da tutti i microfoni e le televisioni d’Italia? Queste grida d’allarme sono per fortuna eccessive. Anche se va mantenuta la guardia alta, perché al governo ci sono quelli che, Giorgia Meloni in testa, nel 2019 flirtavano con l’antisemitismo al punto da definire “usuraio” il finanziere ebreo George Soros, con tanto di immagine evocativa, poi adeguatamente ricamata dai siti della destra neofascista e radicale.

Basta avere un po’ di consuetudine con la galassia degli editori di estrema destra e i loro cataloghi per capire quanto il mito della razza pura ancora alligni da quelle parti. Senza scendere nel peggior ciarpame complottista e razzista, in tante opere pubblicate in quell’area si esalta il sangue (ariano) contro l’oro (giudeo), come cantato da Ezra Pound.

E sarebbe curioso vedere quanti di quei libri occhieggiano dagli scaffali dei militanti e dei dirigenti di Fratelli d’Italia. Ma ormai il cordone sanitario nei confronti di quel mondo è saltato, se persino Giuliano Ferrara non ha avuto problemi a redarre una prefazione agli scritti che Pietrangelo Buttafuoco, neo direttore della Biennale di Venezia, ha pubblicato presso le edizioni di Ar di Franco Freda, simpatie naziste e capo della cellula veneta di Ordine nuovo.

Del resto, ci si è già dimenticati che l’ex parlamentare Marcello De Angelis, in passato condannato per banda armata e poi assunto alla regione Lazio come portavoce, nel 2021 festeggiava il Natale esibendo su Instagram una copia del cosiddetto candelabro yule, fatto dagli ebrei nel campo di concentramento di Dachau per il gerarca nazista Heinrich Himmler.

A quelli che straparlano di antisemitismo di sinistra chiedo se hanno mai visto qualcosa di analogo a sinistra. O se i cimiteri ebraici sono imbrattati con le croci uncinate o con le falci e martello. E, in tema di tombe, accusare di antisemitismo la sinistra significa insultare quei socialisti, azionisti e comunisti (oltre a tanti altri senza particolari fedi politiche) che hanno rischiato e perso la vita per proteggere gli ebrei perseguitati dai progenitori ideologici di chi ci governa oggi.

Perché se Giorgio Almirante è stato definito da Meloni il suo maestro, allora va ricordato che il leader del neofascismo italiano si è sempre dichiarato orgoglioso della sua militanza nella Repubblica sociale, rastrellatrice di ebrei nel 1943-1945.

È con questa storia, di un passato drammatico, che la destra non ha fatto i conti. Una storia che ha l’antisemitismo al centro del suo corpus ideologico perché si nutre dell’idea che esista una nazione omogenea, che non deve essere contaminata da presenze aliene, ieri gli ebrei, oggi i migranti dal resto del mondo.

Questa visione del mondo monista, di un tutt’uno fuso e saldato dall’appartenenza allo stesso ceppo di sangue, ha sempre alimentato i furori delle destre radicali da fine Ottocento in poi. Charles Maurras, che inseriva gli ebrei tra coloro che chiamava spregiatamente i «meticci», perché non si identificavano con la nazione, giustificava la persecuzione nei loro confronti della Francia di Vichy sostenendo che si trattava di «ristabilire un equilibrio tra il Nomade e il Cittadino, tra il Francese e lo Straniero».

A questa visione nazionalista ed escludente della destra radicale si è sempre contrapposta, nella sinistra democratica, una visione universalista e includente. Questo è il discrimine ideologico. Infine, per segnalare le diverse sensibilità nei confronti del mondo ebraico dei due versanti ideologici, si confrontino le canzoni antisemite di De Angelis con l’Auschwitz di Francesco Guccini.

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