La situazione dei conti pubblici è drammatica. Le stime al ribasso del Pil e il rialzo dei tassi di interesse rendono arduo anche solo trovare le risorse per garantire la tenuta sociale del Paese. E questo a sua volta rischia di peggiorare ulteriormente il quadro.

Da un lato, Meloni potrebbe rompere con l’Europa, ritrovando a tutto tondo la sua natura più autentica, quella di estrema destra. Dall’altro, il governo punta a reperire un po’ di soldi nella maniera più nociva per la nostra economia, per i fondamentali dell’Italia (a cominciare da etica e rispetto delle leggi) e a lungo andare anche per le casse dello Stato: con i condoni.

Si pensi che solo per rafforzare un po’ le buste paga mangiate dall’inflazione ci vorrebbero 15 miliardi: è il taglio del cuneo fiscale, considerato irrinunciabile, che già supera quello che ragionevolmente si può reperire senza sforare con il deficit. A questi bisogna poi aggiungere quanto serve per assicurare la tenuta della sanità, del welfare, dei servizi pubblici. Non meno di altri 7-8 miliardi. Per il minimo, ripetiamolo.

Come reperirli? Il governo punta innanzitutto sul debito: è l’extra-deficit. Il problema è che serve il consenso e l’aiuto dell’Europa, altrimenti rischiamo il crollo della fiducia nell’Italia e una crisi finanziaria drammatica, come quella del 2011 o del 1992. Ed è qui che la politica seguita da Meloni si mostra fallimentare: strutturalmente fallimentare, in linea con le previsioni più nere sulla sua leadership.

Primo, il governo avvia una trattativa difficilissima con l’Europa, basata sulla speranza di uno scambio che ha dietro la sostanza di un ricatto (la ratifica italiana del Mes per avere l’ok all’extra deficit), proprio mentre su un altro fronte – i migranti – è ai ferri corti con il partner più importante e più difficile da convincere, la Germania.

E va osservato che Meloni, se non può certo sottoscrivere l’uscita inqualificabile del vicesegretario della Lega contro il governo socialdemocratico tedesco, condivide la sostanza politica dell’attacco alla Germania: ancora nel suo ultimo libro (La versione di Giorgia), uscito in questi giorni, Meloni reitera la storia secondo cui la sinistra europea promuoverebbe l’immigrazione illegale dall’Africa per favorire la crisi di identità del vecchio Continente (e una prova secondo lei è il fatto che non si «straccia le vesti» per l’immigrazione dalla Moldavia; un paese di 3,5 milioni di abitanti!).

Pensare che per molti commentatori lei era la migliore, nella coalizione delle destre: proprio Meloni sostiene da sempre e continua a sostenere le tesi più scriteriate, tesi con cui è impossibile pensare di costruire un rapporto positivo con la Germania.

Perdipiù, a lungo Meloni ha ripetuto la favola di una formidabile crescita del Pil italiano: evitando di correre ai ripari per tempo. E cullandosi in questo ottimismo, ha sperperato una parte del Pnrr, mostrando peraltro all’Europa che non siamo meritevoli della fiducia che ci aveva dato.

Infine il provvedimento sulle banche, scritto e gestito malissimo, ha spaventato i mercati contribuendo all’aumento dello spread, ma nel merito porterà in cassa molto meno di quanto auspicato. Insomma, sia per motivi strutturali (la sua visione e cultura politica), sia per errori contingenti, Meloni è pienamente responsabile per la fase drammatica in cui siamo entrati. E per giunta, come con la crisi dei migranti, nelle circostanze più difficili le destre al potere mostrano il loro volto peggiore. Il rischio di una deriva dell’Italia non è mai stato tanto serio.

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