«Il posto migliore per nascondere qualsiasi cosa è in piena vista», scriveva Edgar Allan Poe. La Lega Nord deve essersi abbeverata a quella fonte perché sta mettendo da anni ben in vista cioè che vuole nascondere: il tentativo di procedere alla secessione.

Non è una vera e propria ossessione, ma una caratteristica genetica, come usano dire gli scienziati politici che si occupano di partiti. La difesa delle regioni settentrionali e dei suoi interessi è la ragion d’essere della Lega anche sotto le mentite spoglie di una fasulla Lega nazionale.

Il vero obiettivo leghista

La storia leghista rispetto alla questione nazionale è lineare, cristallina. Un partito che dalle origini non si identifica con lo stato/nazione nato nel 1861, che contesta la centralità politica ed istituzionale di Roma e che promuove in lungo e in largo coerenti azioni che minano l’unità nazionale. 

I programmi, le dichiarazioni, le azioni, i proclami, le manifestazioni, la cultura politica e l’universo valoriale sono in netto contrasto con l’Italia in quanto stato e con la sua Costituzione. La Lega Nord lo ribadisce coerentemente da trent’anni.

Il secessionismo è rimasto acquattato pronto a dare l’assalto finale alla fragile struttura statale nazionale. Gli atti politici della Lega parlano chiaro e quelli normativi e legislativi ancora di più.

Avendo appreso le buone maniere e i regolamenti parlamentari, i facinorosi “barbari sognanti” (Roberto Maroni dixit) hanno cambiato strategia. Non le urla ancestrali del Senatur, ma una strategia molto più affinata (non raffinata, non è un refuso), ma in grado di infierire un colpo ferale allo Stato.

Un atto eversivo, come la Secessione di bossiana memoria, come la divisione in tre repubbliche proposta da Gianfranco Miglio (Padania, Etruria, Mediterranea).

La Lega smaschera la sua natura

Dire “Roma ladrona”, “basta terroni”, parlare di lobby del sud e di sfruttamento della laboriosità nordista è oggi meno attraente. Meglio indorare la pillola e far trangugiare al Sud l’amaro calice, lasciando pensare ai cittadini meridionali che si tratti di un atto di generosità nei loro confronti. Con la correità di amministratori locali e parlamentari eletti nel Meridione.

Il progetto di riforma “Autonomia differenziata” attenta alla basi dell’unità nazionale, frantuma i principi di solidarietà tra territori e cittadini, divide la comunità, disintegra i cardini della statualità introducendo surrettiziamente una cooperazione ex post.

Il risultato è che avremmo regioni meno ricche e regioni più ricche con l’aggravante che non esisterà un principio di tenuta sociale, di aggregazione e mutuo sostegno. Tutte le proposte del senatore Calderoli, un falco in materia di proposte sulla divisione dell’Italia, contengono vaghi riferimenti a compensazioni, a possibili vantaggi sistemici una volta che la riforma andasse in porto. 

Il progetto sfascia Italia

Il progetto sfascia Italia della Lega (nord) è sostenuto da Fratelli d’Italia in cambio dell’approvazione della riforma costituzionale sulla forma di governo. 

Ne deriva che la Secessione dei ricchi (Gianfranco Viesti, Laterza) è l’orizzonte assai plausibile che scaturirebbe dalla riforma leghista. Le risorse finanziarie sarebbero appannaggio delle regioni settentrionali, le quali non a caso hanno richiesto competenze autonome su oltre venti materie di politiche pubbliche.

In termini decisionali non è chiaro chi deciderebbe su grandi opere, trasporti, reti energetiche, comunicazioni. Il Ponte sullo Stretto è un esempio di inganno e sottrazione di risorse: venduto dal ministro della falsificazione storica quale infrastruttura utile al sud (e perciò avversato da parte della Lega) è costato la sottrazione di 1,6 miliardi dal Fondo di coesione sociale a Sicilia e Calabria, il cui presidente di giunta tace forse inconsapevole o colpevole, proprio perché opera locale pagata dai “locali”.

Cittadini diseguali a Locri e a Varese

Il decentramento ha aspetti positivi e nessuna forma di neocentralismo può essere immaginata. Diverso però è quando le regioni, le più ricche, chiedono (come fatto da Veneto e Lombardia) di trattenere sul territorio il gettito fiscale.

La discussione sui livelli essenziali delle prestazioni da erogare in ogni parte del territorio è forviante e furfante: avere 22 sistemi territoriali di gestione di materie fondamentali è il contrario dell’uguaglianza per come stabilito nell’articolo 3 della Carta, che così sarebbe violata. 

C’è poi un grande assente nel dibattito. L’opposizione è troppo cauta e divisa. Molti, troppi nel Pd sono stati accomodanti, indulgenti, complici, culturalmente inclini a pensare che il sud sia una battaglia persa.

Il divario Nord/Sud esiste su molti fronti ed ha tratti drammatici, ma non si cura la malattia amputando un arto. Serve una mobilitazione forte, costante, capillare, consapevole. Oggi un cittadino di Locri e una di Varese sono diversi quanto a risorse e opportunità, ma formalmente uguali in termini di garanzie e diritti. Domani sarebbero figli di due patrie.

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