- I francesi hanno espresso il desiderio di una politica più radicale, una politica che offra soluzione diverse, alternative rispetto al mainstream centrista.
- Il tentativo di rappresentare sia la destra che la sinistra portato avanti nei primi anni da Macron ha finito per scontentare tutti.
- La ricerca del giusto mezzo ha un tradizione antica nella politica francese , ma ancora più suadente è quella delle “barricate”.
La Francia ha voltato le spalle al suo neo-presidente con un voto-sanzione di proporzioni inattese. A differenza del 2017, quando il partito di Emmanuel Macron aveva ottenuto la maggioranza assoluta, domenica scorsa non ci è riuscita nemmeno la coalizione elettorale che aveva messo in campo, Ensemble!.
I francesi hanno punito un presidente che non ha fatto tesoro delle proteste dei Gilet Gialli – il più forte e duraturo movimento sociale dell’Europa del dopoguerra - e di un persistente stato di insoddisfazione che percorre ampie fasce di popolazione.
La Francia è stata spesso descritta come un paese profondamente insoddisfatto, solcato da “fratture sociali” da quasi trent’anni e alle quali né la sinistra, né la destra, né tanto meno Macron, hanno saputo porre rimedio.
Questo stato d’animo prima si è riversato sull’estrema destra della famiglia Le Pen, ed ora ha trovato un altro veicolo d’espressione a sinistra, la variegata alleanza ecologista, socialista e radica, al Nupes, grazie ad un politico di lungo corso e di antica retorica come Jean-Luc Mélenchon.
Entrambi questi partiti hanno certo ricevuto il consenso dei critici della monarchia repubblicana di Macron unito ad un vero e proprio rigetto verso la persona stessa del presidente provoca.
Oltre a questi sentimenti in negativo i francesi hanno espresso il desiderio di una politica più radicale, una politica che offra soluzione diverse, alternative rispetto al mainstream centrista.
Posizioni magari demagogiche e velleitarie – e persino pericolose per la democrazia e i diritti, nel caso del partito di Marine Le Pen – ma tutte in contrapposizione alla linea del governo.
Il tentativo di rappresentare sia la destra che la sinistra portato avanti nei primi anni da Macron, poi curvato a destra col passare del tempo, più che fungere da rassemblement, da magnete per una larga quota di elettori, ha finito per scontentarne ben di più. La ricerca del giusto mezzo ha un tradizione antica nella politica francese , ma ancora più suadente è quella delle “barricate”.
La sinistra sembrava sul punto di scomparire e invece ha raccolto il 32,6 per cento ,dei voti contro il 38,6 per cento dell’alleanza macroniana - e il17,3 per cento dell’estrema destra che , per la prima volta, ha beneficiato del sostegno dei voti di destra repubblicana al ballottaggio. Evidentemente una proposta politica nettamente caratterizzata a sinistra, a difesa dei diritti individuali e sociali, trova più accoglienza presso l’elettorato di quanto non facciano i pallidi riformismi.
La demagogia populista di Mélenchon può essere fastidiosa ma almeno riesce a scuotere l’opinione pubblica dal torpore, dall’apatia riscattandola dall’antipolitica. Un po’ più di verve farebbe bene anche alla nostra sinistra
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