È come se la morte di Giulia Cecchettin fosse la goccia che ha fatto traboccare il calice; c’è una grande reazione, in rete migliaia di donne dicono basta. Per ogni donna che viene uccisa, per noi tutte c’è un dolore speciale che gli uomini non possono provare.

Care donne, abbiamo dedicato il nostro tempo e la nostra energia per organizzare iniziative, manifestazioni per smuovere e cambiare le opinioni sulla violenza che subiamo. Ci siamo impegnate tanto.

Ma questo non basta più. Non ci bastano più le giornate che i potenti della terra hanno deciso per ricordare al mondo la violenza contro di noi. Per noi è sempre il 25 novembre.

Partiamo dalla radice: stiamo discutendo della modifica della Costituzione, è ora di guardare l’Articolo 37 che ci fa “serve”, non c’è altra parola, è in quell’articolo che abbiamo una “essenziale funzione”: la cura della famiglia. La Costituzione ci dice che siamo uguali; non è vero, piuttosto siamo costrette a scegliere un’idea di falsa uguaglianza decisa dagli uomini.

Tutto ciò che ci viene tolto

Nel corso degli anni è seguito il continuo taglio dei servizi pubblici, il lavoro delle donne sempre considerato aggiuntivo, cosi come la nostra istruzione, in una scuola dove i valori restano quelli patriarcali e il ruolo degli insegnanti svalutato con uno stipendio di circa la metà dei loro colleghi tedeschi.

Ogni giorno si piange sulla denatalità, come se fosse una brutta sorpresa. In realtà noi donne non siamo mai state considerate asse portante del paese necessarie ma non importanti, sempre a braccetto del marito costrette ad adattarsi ai tempi della sua organizzazione: del lavoro, del tempo libero, della politica.

Proprio la denatalità, per paradosso, fa capire il valore del lavoro delle donne: la cultura del monoreddito maschile non è più sostenibile a fronte delle carriere discontinue e della perdita di potere d’acquisto dei salari. Le donne questo l’hanno compreso bene, nel 2022 il minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia.

Il maggiore calo demografico lo sconta il Sud dove le donne non lavorano e non fanno più figli.

Madri cancellate

Una delle obiezioni è che la violenza e il femminicidio sono trasversali alle classi sociali e al livello di istruzione; di questo non ci meravigliamo, viviamo in una società che cancella le madri. Nonostante una nota canzone ricordi che “son tutte belle le madri del mondo”, il Parlamento Italiano non riesce a fare una legge per dare la possibilità ai nostri figli di avere il nostro cognome, le madri vengono cancellate.

Care amiche e sorelle, la libertà delle donne fa paura, e questo riguarda tutti gli uomini a prescindere da quanto hanno studiato e da quanto guadagnano. Siamo il loro terreno di conquista. Nessuna di noi può dimenticare il filmato propagandistico dove si esibiva il corpo di una ragazza con le gambe spezzate; quella donna era una preda.

Hanno reso la nostra vita impossibile, prede di una condizione di insicurezza e precarietà che mina le nostre esistenze. Il nostro dolore è fatto di rabbia, di impotenza e di voglia di essere altrove ma ora, proprio ora che amiamo ancora questo paese, di questa rabbia ne dobbiamo fare qualcosa. E questo è Politica, Su questi punti dobbiamo lavorare.

Non altre leggi, ma nuove alleanze

Non ci servono altre leggi. In Italia abbiamo già tutto: una legge sul femminicidio, il piano nazionale antiviolenza, una commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, la convenzione di Istanbul, la convenzione della Nazioni Unite sulla violenza contro le donne.

É necessaria un’alleanza inossidabile tra donne che superi le ideologie e vada oltre gli schieramenti precostituiti. Dobbiamo riunire i frammenti della nostra storia, che vanno ben oltre la destra e la sinistra e che mettendoli insieme portano ad un cambiamento per tutte noi, per i nostri figli e per tutta la società.

Per la prima volta abbiamo due donne alla guida dei principali partiti politici del paese: non perdiamo questa occasione, non lasciamo che diventi un incidente della storia ma una occasione di miglioramento stabile e duratura.

Questa è strada delle donne costruttrici di pace in tanti luoghi del mondo: dal Medio Oriente al Sud America, dall’Africa all’Asia, storie che testimoniano comunità resilienti che a partire dalle donne praticano la convivenza pacifica e di costruzione di legami di fiducia. Una società estranea alla violenza, allo stupro, alle armi, all’uccisione della terra. Alla distruzione dell’umanità.

Gli uomini non reggono la nostra libertà, la nostra arma è la politica. Ce la possiamo fare?

© Riproduzione riservata