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La “normalità” fa paura se il futuro ci lascia indietro

  • Il sollievo per la fine (auspicata) della fase più dura della pandemia, con i 150 mila morti che ci ha lasciato a piangere, non sembra l’unico sentimento che accompagna l’approssimarsi del nuovo corso.
  • C’è chi, anche a causa di fragilità fisiche, paventa il rischio della «convivenza» con il virus. Ma la maggiore inquietudine è quella di restare indietro mentre tutto riparte, nello scenario di incertezza economica e sociale che già torna ad incombere.
  • Ciò per cui non siamo pronti, ciò che provoca ansia, è la prospettiva di tornare a pensare ognuno per sé, di ritrovare le dinamiche fin troppo note della competizione sociale con risorse scarse, rese ancora più ineguali dalla pandemia.

«Non siamo pronti a tornare alla normalità». Lo gridano gli studenti nelle piazze, lo pensano tanti lavoratori e lavoratrici, lo dicono le persone per le strade, impacciate da una mascherina che continuano a indossare nonostante l’obbligo sia caduto. A due anni dalla scoperta del primo caso di Covid-19, grazie al successo della campagna di vaccinazione e alla discesa della curva dei contagi, l’Italia si avvia come altri paesi ad abolire molte delle misure emergenziali che hanno accompagnato l

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