- Dietro l’ennesima dimostrazione di confusione degli interventi legislativi dell’attuale governo, quella che ha portato all’eliminazione dell’aggettivo qualificativo “congrua” accanto all’“offerta” di lavoro rivolta a un beneficiario del reddito di cittadinanza – una confusione che rivela la totale mancanza di competenza specifica (sulla povertà) di chi ha avanzato la proposta – c’è comunque un messaggio coerente con la nuova linea politica sul lavoro e sulla povertà.
- Tra i vari esempi dell’uso di congruo che leggiamo nei vocabolari della lingua italiana, colpisce subito l’avverbio: «Remunerare congruamente il lavoro svolto» (Treccani). Non meno interessante è l’uso teologico della parola: «Il merito congruo», cioè quello procurato da opere le quali, sebbene di per sé incapaci di soddisfare Dio, tuttavia procurano la sua grazia (Tommaseo).
- Ecco un ulteriore, bizzarro e paradossale, collegamento col merito, l’altra parola-simbolo del nuovo governo post fascista. La visione della povertà in rapporto al lavoro di questo esecutivo si basa su tre errori culturali, impliciti ma realissimi, e di una ideologia che li ispira tutti. Il primo rimanda direttamente al merito: la giustificazione di un trasferimento di risorse pubbliche a un cittadino disoccupato sarebbe l’impossibilità di lavorare pur volendo lavorare.
Dietro l’ennesima dimostrazione di confusione degli interventi legislativi dell’attuale governo, quella che ha portato all’eliminazione dell’aggettivo qualificativo “congrua” accanto all’“offerta” di lavoro rivolta a un beneficiario del reddito di cittadinanza – una confusione che rivela la totale mancanza di competenza specifica (sulla povertà) di chi ha avanzato la proposta – c’è comunque un messaggio coerente con la nuova linea politica sul lavoro e sulla povertà. Tra i vari esempi dell’u



