La sconfitta di Sanna Marin alle elezioni politiche finlandesi ha destato sorpresa. L’opinione pubblica internazionale è rimasta spiazzata, tanto quanto è poco a conoscenza delle dinamiche interne della politica finlandese. Dobbiamo decretarne la fine come simbolo di una sinistra che incarna l’agenda progressista?

È presto per trarre conclusioni affrettate. Non solo perché, data la sua giovanissima età, possiamo supporre che avrà altre occasioni politiche. Ma anche perché le indicazioni che possiamo trarre da questa vicenda appartengono più alla differenza tra percezione nazionale e internazionale che alla figura stessa di Marin.

Innanzitutto, va riconosciuto che la sconfitta dipende più dal crollo dei partiti della coalizione di governo, piuttosto che un crollo della sua figura. Vi è stato un significativo spostamento a destra su temi analoghi ad altri paesi (migrazione, economia).

Detto in questi termini sembrerebbe un normale avvicendamento, giusto o sbagliato che sia, di una democrazia matura che sposta il proprio asse politico, nonostante la figura uscente possa rivendicare iniziative epocali di successo (l’ingresso nella Nato).

La questione più ovvia

La questione più sorprendente, ma allo stesso tempo più ovvia, è lo scollamento tra la percezione nazionale e quella internazionale di una figura. Le ragioni per cui una persona ottiene e conserva il potere possono benissimo essere diverse da quelle che la rendono riconosciuta internazionalmente. Eppure, considerando solo gli aspetti comunicativi Sanna Marin sembra non aver fatto errori.

Nella fase ascensionale della sua carriera è stata brava a usare la propria vita personale (giovane donna proveniente da una famiglia non abbiente e cresciuta da una coppia di mamme) come credenziale progressista.

A questo ha aggiunto un tocco di politica pop (le sue apparizioni ai concerti vestita come, appunto, ci si veste ai concerti, e la rivendicazione di poter gestire autonomamente la casa senza aiuti ulteriori) che l’ha fatta diventare il modello per una nuova politica di sinistra.

È stata anche vittima degli inconvenienti da celebrità, quando è stato diffuso un video in cui balla con amici a una festa privata. La sua risposta alle polemiche – ho diritto a una vita privata e posso provare di non aver assunto droghe – è sembrata convincente, ma non determinante. È presto per decretare la fine politica di Marin. La lezione da trarre è una cautela, ovvia, che spesso dimentichiamo: essere visibili sui social ed essere credibili come figure sono requisiti necessari per la politica odierna, ma non sempre sufficienti. La realtà banale della politica, fatta di alleanze, timori locali, manipolazione dei problemi, può prendere percorsi divergenti dal successo social internazionale.

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