È la campagna più difficile per il Partito democratico: affrontato dagli altri tre poli, si gioca la sua sopravvivenza come forza centrale della politica italiana. Da sempre la destra gli contende il potere. Da almeno due legislature i Cinque stelle lo sfidano dal lato del consenso a sinistra ma ora deve resistere anche all’offensiva del terzo polo che cerca di sottrargli il ruolo di partito governista e della stabilità.

Sorprendono i continui attacchi personali e gratuiti rivolti al leader democratico da parte del terzo polo, quasi fosse in atto una strategia distruttiva che, alla fin fine, favorisce la destra. È evidente che il terzo polo cerchi di affermarsi utilizzando il metodo della rissa personalistica, trappola nella quale il Pd non cade al costo di sembrare poco incisivo o reattivo. Tuttavia non è l’unico duello di queste elezioni.

Sfide a due

Ci sono altre sfide a due, in particolare quella tra Fratelli d’Italia e Lega, come si vede con la polemica a proposito della guerra in Ucraina e delle sanzioni. Tale scontro mette un’ipoteca sulla tenuta del futuro governo – nel caso di vittoria delle destre – e sta avvantaggiando il Movimento 5 stelle, il partito più dichiaratamente a favore della pace che in effetti punta a superare la Lega nei sondaggi.

La leader di Fratelli d’Italia ha dichiarato che l’Italia non può diventare l’anello debole della Nato ma dovrà chiarire (e chiarirsi) se tale posizione assomigli a quella trumpiana (assai anti Nato in verità) o dell’attuale amministrazione Biden.

Donald Trump sta dicendo da mesi ai suoi elettori che se lui fosse alla Casa Bianca non ci sarebbe conflitto in Ucraina. Questo è un problema per tutta la nostra classe dirigente, di destra come di sinistra: con un America così divisa, cosa deve fare l’Italia (e l’Europa)? Inutile ascrivere alla sinistra una posizione filorussa che non esiste, né a pezzi della destra.

La verità è molto meno ideologica e più contingente: la stragrande maggioranza degli italiani è istintivamente vicina agli ucraini aggrediti ma non capisce le prospettiva della guerra ed è contraria a renderla perenne. Ecco perché le confusioni e incertezze americane non aiutano. C’è quindi da aspettarsi che a destra si attenderanno i risultati delle elezioni americane di metà mandato di novembre prima di assumere una posizione definitiva su tale vitale questione.

Anche altri duelli in corso sono significativi, come l’annuncio fatto dal terzo polo di aver superato Forza Italia: su tale versante ci sarà da vedere se l’aver accolto tra le proprie fila importanti figure ex forziste gioverà al terzo polo oppure lo appesantirà, offrendo un’immagine passatista e raffazzonata.

I potenziali sostenitori del terzo polo cercano qualcosa di nuovo ma le sue liste non hanno incluso particolari novità, come ci si sarebbe aspettato. Forse l’accelerazione del voto è stato un problema per tutti. Dal duello Forza Italia-terzo polo ovviamente si avvantaggia non tanto la Lega ma Fratelli d’Italia, anche se resta da vedere come sarà possibile ottenere il pieno controllo della coalizione con soltanto il 24-25 per cento. Più passano gli anni e più l’elettorato si frammenta e il primo partito italiano diviene piccolo: una volta chi era in testa non aveva meno del 30-35 per cento.

Scelta istituzionale

Infine c’è il duello a sinistra tra M5s e Pd. Anche in questo caso se ne potrebbe avvantaggiare il terzo polo e, in piccola parte, la lista Verdi/Sinistra italiana. Il fatto che in molti mirino a rubare elettori al Pd additandolo come il partito dell’immobilismo e dell’irresolutezza, dimostra la forza politica dei democratici ma soprattutto la loro centralità sociale: se non della nazione, il Pd incarna il partito dello stato cioè dell’establishment consolidato.

Prova ne è che si tratta dell’unico partito non personale né personalistico dell’intero scacchiere: gli avversari indicano questo come un difetto ma si tratta di una qualità. Tutto ciò dovrebbe spingere il Pd non solo a resistere (come correttamente fa) ma anche a sostenere sul serio accanto a sé alleati non ostili, coloro che si inoltrano su terreni diversi dai suoi, sociali e ambientali (cosa che non fa abbastanza).

Per ora il Pd, più che favorire attorno a sé un’area di appoggio e simpatia dando spazio ad altre esperienze, si preoccupa di non perdere la sua posizione istituzionale: una scelta che si può capire ma che lo rende troppo isolato e più facile da attaccare. Ciò che il terzo polo cerca di fare è strappargli almeno una parte del suo “monopolio istituzionale” (o governista se si preferisce).

Tuttavia per ottenere tale risultato il terzo polo dovrebbe dimostrare un alto tasso di credibilità che troppi cambi di direzione non assicurano, almeno per il momento. Il problema per il Pd è come dimostrare agli italiani che il paese ha assolutamente bisogno della sua “forza tranquilla”, forse un po’ grigia ma certamente aliena da avventurismi populisti, tecnocratici, sovranisti o nazionalistici che siano.

Se ieri la paura creata ad arte dall’allarme sociale manipolato dalle destre su stranieri, migranti o euroburocrati ha funzionato, oggi occorre chiedere agli italiani di uscire dal sonnambulismo in un momento così grave di guerra e cambiamento geopolitico globale. Forse l’argomento decisivo può essere quello della preservazione e protezione del paese nel grande mare della post globalizzazione, in cui l’Italia ha bisogno di più amici e non di solitudine, di più cooperazione e non di autarchia, di miglior collaborazione europea e non di meno. Isolarsi non conviene mai a nessuno, tanto meno oggi: ci vuole una proposta per affrontare il domani cioè una duplice strategia di riduzione del danno provocato dalla guerra e di ricostruzione del convivere in Europa.

Non è vero – come è stato detto – che qualunque governo può assicurarci tali obiettivi: non può farlo né chi propone soluzioni tecnocratiche (tutte già fallite), né chi suggerisce un ritorno al passato, apparentemente orgoglioso ma in realtà spaventato. Senza una visione coraggiosa di futuro gli italiani resterebbero soli con i loro debiti e basta. 

© Riproduzione riservata