Il presidente della regione Sicilia Renato Schifani ha minacciato di bloccare le autorizzazioni degli impianti fotovoltaici, con lo slogan «facciamo come la Basilicata», la quale ottiene dei benefici economici per compensare l’estrazione di idrocarburi. Una risposta sbagliata ad un tema che esiste.

Siamo in una fase di forte rilancio delle rinnovabili. Ma le evoluzioni delle installazioni vanno analizzate nell’ambito delle dinamiche in atto a livello europeo.

Ricordiamo infatti che proprio la settimana scorsa il Consiglio della Ue e il Parlamento hanno raggiunto un accordo per aumentare la quota di energia rinnovabile nel consumo energetico del Continente al 42,5 per cento entro il 2030.

Un bel salto in avanti rispetto al 32 per cento deciso dalla Commissione Ue solo cinque anni fa. Il nuovo target comporterebbe per l’Italia una produzione di elettricità verde superiore all’80 per cento. Un vero shock, considerando che nell’ultimo decennio siamo rimasti bloccati su valori attorno al 38 per cento.

D’altra parte va detto che nei prossimi anni saranno disponibili nuove importanti opportunità tecnologiche e normative, come l’eolico offshore, le comunità energetiche e l’agrivoltaico, che faciliteranno l’accelerazione necessaria. In questo scenario, le regioni del sud avranno certamente un ruolo decisivo.

Il ritardo siciliano

Torniamo dunque alla Sicilia, che nel 2020 aveva una quota dei consumi complessivi di energia da fonti rinnovabili del 13,8 per cento, molto inferiore rispetto al 15,9 per cento fissato dal governo.

Di fronte a questo ritardo nel 2022 veniva approvato un Piano energetico, prevedendo un raddoppio della potenza solare ed eolica installata in grado di generare il 69 per cento di elettricità verde al 2030. Un impegno interessante, ma decisamente inferiore rispetto all’incremento necessario per soddisfare i nuovi obiettivi europei.

Come si sta muovendo oggi la regione?  Indubbiamente si sono velocizzate molto le autorizzazioni, tanto che nelle ultime settimane sono sati approvati impianti per oltre 1,000 MW, una potenza ben superiore rispetto ai 150 MW previsti dal Piano energetico al 2024. 

Proprio questa accelerazione ha provocato la reazione di Schifani, che però ha sbagliato obiettivo formulando domande senza senso: «Questa attività porta lavoro? L'energia rimane in Sicilia? No».

Al contrario le ricadute occupazionali nei prossimi anni saranno infatti notevoli in un territorio affamato di lavoro e d’altro canto, è chiaro che l’elettricità sarà prevalentemente consumata in loco.

Detto questo, non è comunque irragionevole che le regioni che più contribuiscono alla produzione di elettricità verde ottengano da questo impegno altre ricadute positive.

Le possibili soluzioni

Una risposta strutturale potrebbe venire dalla riforma del mercato elettrico. Il 14 marzo 2023 la Commissione europea ha pubblicato una sua proposta che appare però deludente. Si tratta comunque di un terreno che potrebbe consentire in futuro risultati molto interessanti, anche a livello territoriale.

Ma ci sono altri fronti da esplorare. Entrando in una fase di emergenza climatica lo Stato potrebbe ad esempio incrementare il finanziamento di laghetti collinari adatti, oltre che per l’agricoltura, anche per installare impianti di pompaggio utilissimi per il sistema elettrico. 

Inoltre, la regione potrebbe utilizzare strumenti già previsti, come la definizione delle “aree non idonee” e la predisposizione dei regolamenti attuativi del Piano energetico al fine di indirizzare efficacemente gli interventi.

Sarebbe, per esempio, saggio favorire i progetti agrivoltaici con un attento controllo e monitoraggio delle produzioni. Come ricaduta collaterale alla generazione di elettricità solare, in alcuni casi si farebbe ritornare l’agricoltura in terreni abbandonati nel corso del tempo.

Non si può trascurare ovviamente l’interazione con il paesaggio. Intendiamoci, nei prossimi decenni esso è destinato a cambiare parecchio, visti gli obiettivi di neutralità climatica al 2050 che, secondo i documenti governativi, implicherebbero una produzione fotovoltaica pari agli attuali consumi elettrici, 320 TWh, a fronte di un raddoppio della richiesta di kWh.

Peraltro, la forte riduzione dei prezzi del fotovoltaico consente oggi di realizzare impianti, purché di una certa dimensione, senza bisogno di incentivi. Si potrebbe però discutere, a livello nazionale, l’opportunità di porre un limite alla potenza dei parchi solari.

Stiamo entrando in una fase di rapidissimi cambiamenti che devono essere governati con lucidità e coinvolgendo i territori.

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