Cosa vuol dire che la sinistra deve guardare al futuro, e non al passato? Nulla, di per sé. Spetta a noi scegliere in quale futuro vivere. E la sinistra, come ogni pensiero politico, ha il compito di costruire il futuro.

Cioè di plasmarlo, cambiarlo, secondo la visione che le è propria: la giustizia sociale e ambientale, la dignità del lavoro come architrave di diritti progressivamente estesi a tutti gli esseri umani.

La sinistra ha il compito di guidare lo sviluppo tecnologico – il “futuro” – nella direzione dell’emancipazione della persona e della salvezza dell’ecosistema.

Nel dibattito suscitato dal pamphlet di Aldo Schiavone (Sinistra!, Einaudi), e che si riverbera anche nella sfida congressuale del Pd, una classe politica priva di ancoraggi ha colto la palla balzo per lasciare intendere che la sinistra dovrebbe invece adattarsi al mondo così com’è, cioè all’era del “capitalismo tecno-finanziario" che ha messo in crisi il lavoro e gli ideali del socialismo; pena ricadere nelle illusioni del Novecento.

Ma battersi per cambiare il mondo, affinché lo sviluppo economico e tecnologico porti a maggiori e non a meno diritti, non vuol dire guardare al passato.

Al contrario: vuol dire guardare al futuro, starci dentro, e farlo proprio con le forze e le idee del futuro.

Pensiamo ai giovani, che si mobilitano contro la crisi climatica o contro la precarizzazione del lavoro o per i diritti civili (e spesso per tutte e tre le cose insieme) e che, ovunque in Occidente, scelgono non a caso chi questo modello di sviluppo vuole cambiarlo, non chi vuole adattarvisi (vale anche per l’Italia: chi preferiscono i giovani, fra Bonaccini e Schlein?). Sono il passato o il futuro?

Non è affatto un discorso astratto. Tassare in modo equo le multinazionali, o regolare i movimenti di capitale, per contrastare le disuguaglianze e dirottare risorse dalla rendita speculativa all’innovazione; le recenti norme europee sulle auto e sulle case, per favorire l’innovazione e guidarla verso la salvezza dell’ambiente e il benessere; o norme per la tutela dei lavoratori delle piattaforme, o per il salario minimo, o per limitare la giungla dei contratti precari (ancorando lo sviluppo ai diritti sociali e favorendo, di nuovo, in questo modo anche le imprese più innovative);  o un welfare che garantisca alle donne gli stessi diritti degli uomini, a partire dalle condizioni di lavoro, o le battaglie per i diritti dei migranti; o quelle contro gli allevamenti intensivi e a favore di nuovi metodi nella produzione alimentare e tessile.

Queste sono le politiche di una sinistra che guarda al futuro e lo fa unendo, in un comune orizzonte, tutti coloro che lottano per i propri diritti.

Non è un pensiero “debole”: è un pensiero forte e drammaticamente attuale.

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