- Con il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul e le dichiarazioni di Ungheria e Polonia, la battaglia contro violenza di genere si trova al centro della strategia sovranista e della svolta illiberale in atto in Europa.
- Secondo i suoi oppositori, la Convenzione del Consiglio d’Europa, mettendo in discussione i ruoli di genere diseguali e gerarchici, minaccia la famiglia tradizionale, rimuove le differenze, promuove identità fluide.
- Il problema è che senza sovversione delle radici profonde delle diseguaglianze tra uomini e donne non c’è lotta possibile contro la violenza di genere. E i leader illiberali ne sono ben consapevoli.
Il 7 aprile del 2011, a Istanbul, veniva adottata dal Consiglio d’Europa la prima Convenzione internazionale per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne. Dieci anni più tardi, proprio la Turchia, il paese che ne aveva ospitato la firma e che per primo aveva ratificato il documento, annuncia il suo ritiro. La Convenzione, secondo il presidente turco Erdoğan, danneggia la famiglia, incoraggia il divorzio e favorisce le comunità Lgbt+, mentre i diritti delle donne sono già gar



