Quella che dilania il Pd in queste ore è una questione specifica di moralità della forma-partito: l’etica dei cosiddetti cacicchi. Il primo e il più banale aspetto di questo problema riguarda l’etica personale dei leader locali.

Se il successo elettorale deriva dall’uso dei più spregiudicati metodi di corruzione si violano principi ovvi di moralità politica: imparzialità, trasparenza, rappresentanza, responsabilità nei confronti degli elettori onesti e dei militanti. Il secondo problema, meno banale, riguarda l’etica e la pratica della leadership nazionale e della forma-partito.

Il problema non è solo avere leader locali onesti e trasparenti, animati da sincera adesione alla linea del partito, evitando repentini cambi di casacca. Il problema è capire la funzione dei leader locali e stabilire vincoli al loro potere. Sinché il successo politico dipende dai voti raccolti, i dirigenti nazionali di qualsiasi partito, quale che sia la legge elettorale vigente, si troveranno di fronte a un dilemma.

Da un lato, le personalità che hanno un seguito sul territorio sono essenziali per raccogliere i voti e per assicurarsi seggi nelle istituzioni, o per conquistare cariche locali. Dall’altro, questa dipendenza dal potere dei leader locali di racimolare voti crea un contropotere pericoloso e avverso al potere della dirigenza nazionale. In altre parole, con la scusa che si tratta di persone capaci di prendere voti, ci può essere la tentazione di sottovalutare comportamenti eticamente inammissibili.

Di più, i leader locali spesso maturano l’ambizione di accedere a cariche nazionali solo sulla scorta dei loro successi elettorali locali. La cosa più detta in questi giorni ha riguardato le prospettive di carriera politica nazionale di Antonio Decaro.

Ma perché un bravo sindaco dovrebbe essere necessariamente un bravo dirigente di partito, un bravo presidente del Consiglio o ministro? Le questioni locali sono esportabili a livello nazionale? La retorica dei sindaci d’Italia ha permeato una parte lunga della discussione politica dopo il terremoto di Tangentopoli. Francesco Rutelli è passato dalla carica di sindaco di Roma a quella di aspirante premier per l’Ulivo. Matteo Renzi era sindaco di Firenze e da lì ha iniziato la sua ascesa.

I cacicchi

Il problema etico e politico dei cacicchi, dunque, è non solo quello di sorvegliare l’etica del personale politico. Il problema è, piuttosto, quello di assicurare che la capacità di attrarre voti non diventi un mezzo per scalare un partito, senza avere nessuna legittimità né nazionale né ideologica.

Il problema è quello di evitare che i partiti si trasformino in contenitori di potentati locali e in praterie per abili trasformisti. Il problema è farla finita con la politica dei cerchi magici. E i valori da salvaguardare sono non solo la trasparenza e l’onestà, ma anche la capacità di derivare l’azione politica e il rapporto fruttuoso con gli elettori dall’attrattività dei valori generali del partito, e non solo dal rapporto personale, o peggio dal rapporto clientelare.

Come risolvere questo problema? Nel vecchio Pci era diffuso il costume di mandare nei territori funzionari provenienti da altri luoghi ed esperienze. Soluzioni del genere oggi verrebbero prese come un insulto ai dirigenti locali onesti. Eppure, potrebbe essere proficuo slegare il successo elettorale almeno in parte dalle prospettive di carriera.

Non dovrebbe essere automatico che chi prende molti voti abbia anche cariche come assessorati, per esempio. Né dovrebbe essere automatico che chi prende molti voti abbia necessariamente voce in capitolo nella composizione delle liste. Sono solo i primi passi di una riforma complessiva delle regole, e si potrebbe pensare che misure del genere portino a insuccessi elettorali.

Ma siamo sicuri che adesso, dopo questo scandalo, le cose andranno bene in Puglia dal punto di vista elettorale?

I capibastone

Appena eletta, Schlein ha dichiarato di volerla fare finita con i capibastone. Una via per realizzare questo progetto è cambiare le regole d’ingaggio del partito, separando la raccolta dei voti e il successo elettorale personale dalla carriera interna e dagli incarichi istituzionali.

La relazione fra successo elettorale e incarichi dovrebbe essere più indiretta e mediata, così da rendere il voto meno personalistico e diretto più al partito che alle personalità singole.

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