La visita del presidente statunitense Joe Biden in Israele (ma meglio sarebbe dire in Medio Oriente) ha avuto una valenza essenzialmente simbolica. Del resto, è avvenuta in un momento di crisi politica interna sia allo Stato di Israele sia all’Autorità Nazionale Palestinese, entrambi in un processo di transizione politica e di leadership.

L’attuale primo ministro israeliano, Yair Lapid, guida un governo di centro-sinistra che dopo lo scioglimento anticipato della Knesset porterà il paese a nuove elezioni, in ottobre. L’autorità di Lapid è limitata.

 Non diversamente da quella di Maḥmūd Abbās, alla fine ormai del suo lungo mandato, mai rinnovato dal 2004, una scelta volta ad impedire una probabile vittoria elettorale di Hamas.

Di simbolicamente importante in questo viaggio c’è stato il fatto che Abbās è stato il primo leader arabo che Biden ha incontrato dal suo insediamento alla Casa Bianca, nel gennaio del 2021.

Ma, come scrive Gershon Baskin sul Jerusalem Post, a parte il gesto simbolico dell’incontro, Biden non ha nulla di corposo da offrire ai palestinesi, visto il “Taylor Force Act” che impedisce ogni aiuto economico degli Stati Uniti all’Autorità palestinese fino a quando questa non cesserà di pagare pensioni a “individui che commettono atti di terrorismo e alle loro famiglie”. 

La visita di Biden in Israele è sembrata a molti una tappa più che una visita, il cui obiettivo è stato l’Arabia Saudita. Biden è il primo presidente americano ad aver volato direttamente in Arabia Saudita da Israele (dall’aeroporto di Tel Aviv), un fatto che vuole essere un messaggio importante, forse lo scopo di questo viaggio: incoraggiare la stabilità mediante rapporti di interconnessione nella regione.

In questo, Biden continua la politica del suo predecessore Donald Trump e dei suoi “accordi di Abramo”  (molto apprezzati dagli israeliani) e non ha nascosto di desiderare che anche i palestinesi di Abbās salgano sul carro degli accordi.

L’Aurorità considera però un tradimento del popolo palestinese, anche se ha mostrato la volontà di migliorare le relazioni con i paesi arabi che vi hanno aderito, benchè senza considerarli come veicolo per un accordo di pace con Israele.

Lo scopo del viaggio di Biden è stato di ribadire l’alleanza strategica tra Israele, gli Emirati e il Baharain e, inoltre, di avvicinare i sauditi, che sono molto più cauti dei loro vicini a trattare con Israele.

Ma lo scopo è stato soprattutto quello di creare le condizioni per una stabilità nella regione facendo leva su una divisione tra i paesi musulmani al fine di contenere l’egemonia iraniana (e quella russa di Vladimir Putin, che sarà tra breve a Teheran per un incontro che include anche la Turchia).

L’architettura americana di sicurezza nella regione mostra un cambio di passo non irrilevante: dai piani ambiziosi di pace tra israeliani e palestinesi, all’intelaiatura di relazioni pragmatiche di interscambio economico, tecnologico e culturale.

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