Ha avuto un qualche riscontro sui media l’incontro di Giorgia Meloni con il cardinale Robert Sarah, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino. Esponente dell’ala curiale più conservatrice e critica nei confronti papa Francesco, il cardinale non riveste più un ruolo significativo e difficilmente può essere indicato come una chiave per ottenere consensi nei vertici del mondo ecclesiastico.

Così è del gruppo di mischia degli ecclesiastici più conservatori come i cardinali Garhard Müller, Walter Brandmüller, Raymond Burke ecc.

Politicamente di destra, non sono in grado di spostare l’attuale equilibrio dei vertici vaticani. Ancora meno figure come monsignor Carlo Maria Viganò che alimenta da tempo disegni complottisti vicini ai deliri del QAnon, il gruppo americano filo-Trump che teorizza l’occupazione dei vertici mondiali da parte di forze oscure e mondialiste.

Dialoghi discreti con altre figure curiali, non necessariamente sintoniche, sono in atto da tempo. Si parla anche di un incontro con il Segretario di stato, cardinal Pietro Parolin.

I dialoghi con Zuppi

LaPresse

Utili a Meloni gli incontri recenti con il cardinal Matteo Zuppi, vescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana. Ma la sintonia espressa negli anni Novanta fra i cardinali Camillo Ruini e Angelo Bagnasco con il centro-destra di Berlusconi non è un riferimento adeguato.

Zuppi si muove sulla falsariga del dialogo praticato dalla Comunità di sant’Egidio da cui proviene e a cui appartiene. Esso non ha alcuna preclusione secondo una tradizione “romana” ed è consapevole del peso politico relativo dell’episcopato italiano.

Molto diretto ed esplicito, ma anche attento a non identificarsi con una parte politica. I vescovi avrebbero preferito la continuità del governo Draghi piuttosto che le attuali elezioni. Ma possono apprezzare nella Meloni un uso molto più discreto del patrimonio simbolico cristiano rispetto al segretario della lega Matteo Salvini.

Rosari, immaginette, sbandieramento di libri sacri non appartengono ai modi comunicativi della leader di Fratelli d’Italia.

Un secondo elemento apprezzabile è la sua resistenza ai diritti “di nuova generazione” relativi a temi morali sensibili (dalle convivenze omosessuali e alla loro responsabilità parentale fino alle proposte eutanasiche). Non è alle viste una revisione restrittiva della legge sull’aborto.

Maggiore preoccupazione sorge dalla dubbia distanza rispetto alla tradizione del fascismo e dall’incerta collocazione internazionale dell’Italia sia nei confronti dell’Europa che dell’Alleanza atlantica.

Le spinte nazionalistiche e populistiche della destra italiana non sono una carta credibile, nonostante le recenti assicurazioni. Soprattutto per l’insormontabile ambiguità degli alleati (Salvini e Berlusconi).

Cattolici di destra

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A favore della destra politica gioca il tradizionale e moderato conservatorismo del cattolicesimo italiano soprattutto a fronte di una insufficiente proposta del fronte opposto.

Al suo interno i gruppi che si collocano in quest’area sono soprattutto Comunione e liberazione, i movimenti sotto la bandiera della difesa della vita e della famiglia e i Neocatecumenali. Acconto ad essi si può collocare la galassia dei media del conservatorismo cattolico.

Ma Comunione e liberazione sta vivendo una stagione difficile nel passaggio a una governance del gruppo, condotto con mano ferma dal dicastero dei laici, mentre i Neocatecumenali non hanno né persone né esperienze direttamente politiche.

Quanto ai movimenti di difesa della vita e della famiglia scontano una distanza ideologica dalla destra secolarizzata che li tiene ai margini.

Ci sono presìdi che la Chiesa italiana non potrà abbandonare. Fra questi: una lettura più consapevole e aperta dei fenomeni migratori, la difesa dei ceti popolari più deboli  e la ricerca del bene comune che suppone la consapevolezza istituzionale e la ricerca della convergenza piuttosto che dello scontro. L’episcopato italiano, inoltre, non sarà disponibile a posizioni che suonino di critica a papa Francesco.

Nuovi alleati in Centro-Europa

Possibili e nuovi alleati per la Meloni sono invece gli episcopati del Centro-Europa. I vescovi di Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia coltivano da decenni una posizione di forte critica al laicismo espresso dai vertici e dalla burocrazia dell’Unione europea e operano una sistematiche difesa dei “valori tradizionali”.

Tutti conosciamo l’influenza che l’Europa ha nel dibattito politico nazionale, ma ignoriamo il possibile ruolo di supporto ad alcune della battaglie ideologiche della destra italiana dei vescovi di altri paesi.

Un condizionamento che pesa negli istituti ecclesiastici di rappresentanza come la Comece (commissione degli episcopati dell’Unione) e, soprattutto, nel Ccee (consiglio delle conferenze episcopali dell’intero spazio europeo).

La difesa della famiglia tradizionale, la resistenza a immigrazioni dall’Africa e dall’Asia, l’opposizione a leggi ispirati dalla cultura LGBT, il freno a una maggiore integrazione delle nazioni europee sono per loro argomenti condivisi.

Derive che hanno una evidente valenza anti-Francesco e che suonerebbero gradite alla destra italiana.

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