Fare l’assessore regionale sarà un bel traguardo, ma vuoi mettere un posto a Roma? Meglio Roma, anzi come direbbe Giorgia Meloni, «pronti». Ma a mollare gli incarichi locali per assumere quelli considerati più prestigiosi nella capitale.

Succede che l’odore della vittoria e la probabile valanga di scranni da distribuire, svuoterà le giunte governate dalle destre, dove gli amministratori – anche quelli nominati da poco – tengono al loro lavoro il giusto, ma non abbastanza da sottrarsi ai doveri di parlamentare.

Il fenomeno si rileva un po’ ovunque, in Lombardia, Piemonte, Veneto ma soprattutto nelle Marche, quelle che proprio la presidente di FdI Meloni ha indicato come “modello” virtuoso di amministrazione postmissina. Presto partirà un vasto movimento di rimpasto in tutte le giunte rimaste sguarnite.

Saluto Romano

Nella Lombardia di Attilio Fontana sono quattro gli assessori in corsa alle politiche di oggi. Il più noto alle cronache è Riccardo De Corato, alla sicurezza, detto “lo sceriffo” per il suo pallino per gli sgomberi dei campi rom. Settantenne, fiero ex missino, già senatore nel 1994 con An, è certo dell’elezione a Montecitorio e per questo si è già dimesso.

Al suo posto è andato Romano La Russa, minore del più noto Ignazio. Il nuovo assessore ha già infilato nei guai il fratello e tutti i Fratelli d’Italia, compresa la sorella comandante in capo: si è fatto beccare a un funerale mentre, con altri correligionari, salutava romanamente il defunto.

Con De Corato sono già sul Frecciarossa l’assessore all’Istruzione e all’università Fabrizio Sala (nelle liste di Forza Italia, alla Camera), l’assessora al Turismo Lara Magoni (liste FdI, anche lei alla Camera) e il collega dell’Ambiente Raffaele Cattaneo (Noi Moderati, direzione Senato).

Chi fugge, chi resta

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In Piemonte dalla giunta di Alberto Cirio fanno le valigie – sperando di non doverle disfare – l’assessore al Bilancio Andrea Tronzano, forzista, e l’assessora al Lavoro Elena Chiorino, candidata nelle liste di FdI. Per la cronaca, e per la gioia delle opposizioni, invece resta l’assessore al Welfare e alle politiche sociali Maurizio Morrone, vero capo di FdI in regione.

L’uomo è in queste ore bersaglio di una contestazione pesante da parte del consigliere Marco Grimaldi, a sua volta candidato capolista alla Camera per Alleanza verdi sinistra. L’oggetto della contesa è il fatto di aver permesso che negli spazi della regione sia stata ospitata, con il placet dell’assessore, la scrittrice e blogger Silvana De Mari, nota per le sue posizioni omofobe, No-vax e contro l’islam.

Ambiscono al parlamento anche gli assessori calabresi Fausto Orsomarso, FdI, e la leghista Tilde Minasi. Il primo sarà capolista al Senato, la seconda torna a palazzo Madama. Nel marzo scorso aveva rinunciato allo scranno per incompatibilità con il nuovo incarico, ma stavolta ha deciso di non sacrificarsi più: per spirito di servizio, ha spiegato. Dalla Sardegna invece il biglietto per il continente l’ha fatto l’assessore all’Ambiente Gianni Lampis, FdI, candidato alla Camera. Anche se è un biglietto a rischio, letteralmente.

La giunta del sardista-leghista Christian Solinas non ha ancora pubblicato il bando per la continuità territoriale, come ha denunciato a Domani Massimo Zedda, capo dell’opposizione progressista: «Le compagnie aeree per ora stanno garantendo i collegamenti, ma qualche settimana fa hanno scritto alla regione dichiarando che dal mese di febbraio non potranno più garantire il servizio di trasporto. Oggi è impossibile prenotare un volo per il 2023, i siti di Ita e di Volotea non consentono prenotazioni dopo la metà di febbraio. Per l’ennesima volta la Sardegna è isolata». Peraltro Solinas, sempre per la cronaca, resta a Cagliari per punizione: ha fatto di tutto e fino all’ultimo per essere candidato con la Lega, ma alla fine è stato lasciato a piedi.

Diversa la vicenda del Lazio. La regione è in scadenza, il due volte presidente Nicola Zingaretti corre per la Camera, con lui il Pd ha candidato la consigliera Michela De Biase, i colleghi Paolo Ciani e Marta Leonori e il presidente del consiglio regionale Marco Vincenzi. Fratelli d’Italia ha lanciato per la Camera Chiara Colosimo, esponente della “generazione Meloni”.

Qui per la destra-destra il problema sarà trovare un candidato: tutti i big del territorio credono di meritare un posto al sole, cioè al governo, e difficilmente ingraneranno la marcia indietro quando, presto, la regione andrà al voto.

Modello Marche

Ma il meglio – si fa per dire – succede nelle Marche, la regione in queste ore martoriate dall’alluvione, per la quale la giunta di FdI è al centro di contestazioni. Qui il presidente Francesco Acquaroli dovrà dire addio a quattro dei suoi sei assessori: praticamente un’ecatombe.

Il “modello Marche”, elogiato da Giorgia Meloni come il laboratorio più avanzato del governo locale della destra, evidentemente non va, a soli due anni dal suo varo: e grazie alle elezioni anticipate è scattato il “si salvi chi può”.

Di sicuro andranno a Roma Giorgia Latini, assessora alle Pari opportunità (antiabortista, le denunce dell’impossibilità concreta di interrompere la gravidanza nelle Marche la dicono lunga sulle reali intenzioni di Giorgia Meloni sul rispetto della legge 194), Mirco Carloni, vicepresidente e assessore al Commercio, e Guido Castelli, assessore al Bilancio.

Meno certo, ma speranzoso in una via di fuga anche l’assessore all’Ambiente Stefano Aguzzi, di Forza Italia. Acquaroli è duramente contestato dall’opposizione perché «uno dei primi atti della giunta è stato portare a zero le risorse per la tutela del territorio e contro il dissesto idrogeologico», ha spiegato giorni fa Alberto Losacco, commissario del Pd marchigiano e candidato a sua volta, «a riprova di un’assenza di sensibilità sull’emergenza ambientale, sulla cura del territorio, da parte di un’area politica che fino all’altro ieri ha negato il cambiamento climatico».

Nelle ore del disastro Acquaroli era a una cena elettorale. Lui si è giustificato con comprensibile imbarazzo. Resta solo: da lunedì la sua giunta sarà tutta da rifare.

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