Il prossimo 27 gennaio, la Giornata della memoria del 2023 sarà la prima gestita da un governo guidato da esponenti che si ritengono orgogliosamente gli eredi di chi in quella legge è “condannato”. Questa novità ha un significato enorme, perché rompe un paradigma antifascista di quasi ottanta anni: le sfide in questo senso saranno importanti e inedite.

La prima riflessione è che quel “male assoluto”, come disse Gianfranco Fini, non è mai morto, anzi ha sempre lottato per emergere da quella sconfitta che gli era stata inflitta nella seconda guerra mondiale. 

È difficile fare pronostici: la stessa Liliana Segre, ormai contraltare di Giorgia Meloni, a Che tempo che fa si è espressa in maniera molto prudente «Gli italiani hanno scelto, non do giudizi a priori» anche se prima di dire questa frase ha premesso che «sarebbe facilissimo per me trovare quaranticinque motivi per cui sono preoccupata».

Una delle pagine più buie

Meloni, finora, è stata molto attenta nelle sue dichiarazioni su questo tema, che sa poter essere un suo punto debole: per l’anniversario della retata degli ebrei romani, il 16 ottobre, ha esplicitato che quell’evento è «una delle pagine più buie della nostra storia» e «memoria dell’orrore di tutti gli italiani».

La sua sfida più evidente sarà quella di come si riuscirà a divincolarsi dalla macroscopica contraddizione in termini che ha impressa nel logo del suo partito: la fiamma del Movimento sociale, partito erede del fascismo repubblichino.

La stessa legge sul Giorno della Memoria omette del tutto di citare i carnefici responsabili di quelli morti, i fascisti italiani e i nazisti tedeschi. Una grave mancanza, sottolineata da numerosi esperti, che potrebbe essere usata per inquinare la comunicazione verso i meno esperti.

Molti paesi di riferimento per Giorgia Meloni devono svincolarsi dalle medesime ambiguità: Ungheria, Polonia, ma anche Ucraina, Lituania, Lettonia.

Se Meloni deciderà di percorrere le strade seguite da quei paesi, il metodo sarà quello di annacquare le responsabilità nazifasciste, mentre altri delitti, per esempio foibe e crimini partigiani, saranno sopravvalutate attraverso vulgate di tipo politico. Tutto questo con l’obiettivo di creare un enorme melassa indistinguibile,dove tutti sono ugualmente colpevoli.

Per imporre questo metodo saranno necessarie bastonature mediatiche e giudiziarie verso chi si opporrà (vedi il caso polacco).

Il rischio nostalgia

Meloni ha poi il problema di gestire un partito dove la componente nostalgica ha un peso importante. È lecito ipotizzare che vivremo provocazioni di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia che Meloni faticherà a gestire.

Se queste sono le sfide della Meloni, dall’altra parte storici e (politici) antifascisti avranno le loro; mantenere il punto storico su quello che è accaduto in Italia e in Europa, non diluendo le responsabilità del fascismo italiano nella Shoah, nella deportazione politica. resistenza e delle dittatura.

Continuare la divulgazione di questa memoria in ogni luogo deputata a farla: scuole, musei, assemblee pubbliche, anche perché in questo caso la legge che istituisce il Giorno della Memoria offre ampie garanzie su cosa si può fare.

Anche in questo caso Liliana Segre ci ha tracciato una via: «Essere liberi senza avere paura», una via che è iniziata tanti anni fa con la lotta antifascista con la dittatura fascista.

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