Qualsiasi sarà al Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, il risultato della richiesta di sospensiva dei brevetti, l’appoggio degli Stati Uniti a questa proposta ha fatto diventare la Commissione europea un isolato baluardo a difesa dei monopòli legali delle imprese farmaceutiche. In Europa si stenta a capire quanto sia profondo il rinato risentimento antitrust americano e quanto sia radicale il cambiamento delle teorie giuridiche ed economiche che sta influenzando questa svolta.

La nomina di Lina Khan, voluta dalla amministrazione Biden, a presidente della Federal Trade Commission, ha avuto anche l’appoggio di numerosi senatori repubblicani che hanno evidentemente condiviso le sue opinioni, ben note negli Stati Uniti specialmente per un suo noto articolo su Amazon. In esso la Khan sosteneva che, visto che tutti vogliono stare sulle piattaforme dove sono gli altri, queste costituiscono dei monopoli naturali che vanno regolamentati in modo da permettere il loro accesso alle stesse condizioni da parte di tutti. Ai monopoli naturali si è aggiunto un rafforzamento dei monopoli legali posti a difesa della proprietà intellettuale che sta provocando negli Usa una reazione bipartisan.

Secondo il nuovo approccio non basta esaminare gli effetti dei monopoli sui prezzi. Occorre anche esaminare gli effetti che la struttura del mercato ha sulle libertà degli individui.

La tradizionale teoria del monopolio considera solo gli effetti negativi che esso ha per via del suo effetto sui prezzi. Restringendo l’offerta il monopolista può vendere a un prezzo più alto. Produrrà, quindi, di meno rispetto a quanto avviene in concorrenza dove le imprese non possono influenzare i prezzi. Questo non è un buon risultato per l’economia presa nel suo insieme. Se il monopolista potesse vendere a prezzi inferiori con un profitto meno elevato anche altre unità di prodotto allora starebbero meglio sia i consumatori che lo stesso monopolista.

Proprio questo ragionamento portò il premio Nobel Ronald Coase a negare che il risultato dei libri di testo fosse scontato e che il prezzo di monopolio fosse necessariamente superiore a quello in concorrenza. Una volta venduta una certa quantità al prezzo che rende massimo il suo profitto il monopolista potrebbe ancora vendere delle quantità in più a un prezzo inferiore ma pur sempre superiore ai costi sostenuti. Prevedendo questo comportamento tutti gli individui potrebbero posticipare il consumo per un periodo sufficientemente lungo e pagare così il bene a un prezzo non gravato da profitti monopolistici. Se i consumatori sono in grado di aspettare il monopolista non riesce, quindi, a spuntare un prezzo superiore a quello di concorrenza.

Le conclusioni di Coase, per quanto ben diverse da quelle prevalenti ora in America, anticipano l’idea che la struttura del mercato vada attentamente presa in considerazione.

Il cambiamento di una pandemia

In un articolo pubblicato con Antonio Nicita il 30 gennaio sul Sole 24 Ore abbiamo sostenuto che una pandemia cambia radicalmente la struttura del mercato. Proprio Coase ci offre gli strumenti per comprendere meglio la natura di questo cambiamento. In una pandemia gli individui non sono affatto disposti ad aspettare per avere il vaccino. Questo cambia la struttura del mercato in modo opposto al caso considerato da Coase. Il monopolista può fornire la merce lentamente in modo da venderla prima ai consumatori disposti a pagare i prezzi più alti e poi gradualmente a un prezzo decrescente agli altri individui.

Discriminando fra i consumatori il monopolista può far pagare a un buon numero di essi non solo di più del prezzo di concorrenza ma anche un prezzo più elevato del prezzo unico a cui venderebbe tutta la quantità prodotta il monopolista dei libri di testo. Se i consumatori non possono permettersi di rimandare il consumo del bene offerto il monopolista li può allora mettere in fila e ottenere da ognuno di essi il prezzo che è disposto a pagare. Questa fila, nel cui ordine pesa in modo determinante la ricchezza degli individui, non è però politicamente accettabile e non è stata infatti accettata nella maggioranza dei paesi.

Molti stati o associazioni di stati come l’Unione europea hanno acquistato i vaccini Covid, spesso con contratti secretati, dalle ditte farmaceutiche e li hanno poi distribuiti secondo criteri eticamente accettabili come l’età, la fragilità fisica o l’esposizione al virus. All’interno di ogni singolo paese si è così evitata una fila, magari opportunamente rallentata per estrarre il massimo profitto.

La distribuzione dei vaccini fra i diversi paesi è stata invece persino peggiore di quanto si potesse prevedere in teoria. I paesi più ricchi si sono accaparrati quantitativi di vaccini che vanno ben oltre il loro fabbisogno mentre in quelli più poveri sono stati spesso lasciati senza vaccino persino i lavoratori del settore sanitario. Ancora oggi le imprese farmaceutiche sembrano più interessate a produrre terze dosi per i paesi più ricchi che a vendere le prime dosi nei paesi più poveri.

I brevetti

La sospensiva dei brevetti andrebbe applicata ogni volta che un bene come il vaccino Covid è urgentemente richiesto dalla popolazione. Una fornitura troppo lenta può causare morti, miseria e sviluppo di varianti. Una organizzazione che si fondi sin dall’inizio su ricerche pubbliche e mercati concorrenziali (quale per esempio già esiste nel caso della produzione del vaccino per l’influenza stagionale) presenta molti vantaggi rispetto a un sistema basato su brevetti e mercati monopolizzati, specialmente quando i virus da contrastare mutano velocemente e tutte le conoscenze vanno velocemente condivise.

La posizione dell’Europa sulla sospensiva dei brevetti segnala tutta la sua incapacità di trovare delle politiche adeguate a un mondo dominato da nuovi monopoli naturali e da una eccessiva tutela della cosiddetta proprietà intellettuale. Essa esprime anche una carenza di democrazia delle istituzioni europee. Mentre sia il parlamento italiano sia quello europeo hanno preso posizione a favore della sospensiva dei brevetti la Commissione la ha inizialmente ostacolata e cerca ora di proporre una alternativa migliore per le aziende farmaceutiche ma peggiore per tutti gli altri.

In alternativa alla sospensiva la Commissione propone, infatti, una facilitazione delle licenze obbligatorie già previste sin dalla istituzione del Wto. È importante capire quanto la proposta europea sia peggiore della sospensiva dei brevetti. Mentre una sospensiva dei brevetti permette non solo di produrre ma anche di importare i vaccini da tutte le parti del mondo, una licenza obbligatoria permette solo di produrlo nel proprio paese a uso esclusivo dei cittadini del paese stesso.

La possibilità di licenze obbligatorie è stata (finalmente e solo da una settimana!) recepita nella legislazione italiana grazie a un emendamento al decreto semplificazione dell’ex-Ministro della Salute Giulia Grillo. Essa è certamente utile per paesi come l’Italia che in caso di emergenza sanitaria possono così autorizzare sul proprio territorio la produzione di farmaci brevettati. Tuttavia questa opportunità può essere solo sfruttata da paesi industrializzati come il nostro o da altri paesi come l’India che hanno una forte industria farmaceutica. Per gli altri paesi, incapaci di produrre i vaccini Covid, una licenza obbligatoria sarebbe del tutto inutile. Essi sarebbero costretti a continuare ad acquistarli dalle imprese che detengono i brevetti.

La inadeguata proposta europea porta, forse non a caso, a una ulteriore dilazione di un provvedimento che, se preso qualche mese fa, avrebbe potuto evitare migliaia di morti. L’egoismo di una Commissione europea schierata a difesa di qualche brevetto semi-europeo non sarà facilmente dimenticato in un mondo in cui l’America riscopre le politiche antitrust e i paesi più poveri soffrono in modo drammatico le restrizioni imposte dai monopoli.

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