Ciò che è accaduto a Domani è un fatto molto grave. E al tempo stesso è sintomatico di un clima che si respira nel paese e di un problema antico, che attraversa la nostra vita democratica e parlamentare da molti anni: quello della querela nei confronti dei giornalisti.

È un problema serio, perché va ad incidere sul principio della libertà dell’informazione, di quella libertà di informare e di essere informati che gli uomini e le donne che sedettero sui banchi dell’Assemblea Costituente vollero scolpire nell’articolo 21 della nostra Costituzione.

Il disegno di legge

Per questo, dopo un confronto con gli attori e i soggetti dell’informazione e con il contributo di altri parlamentari, ho presentato un disegno di legge che si propone di riformare la legge sulla stampa, il codice penale e il codice di procedura penale in materia di diffamazione, di diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di diffusione.

Si tratta di un provvedimento volto a bilanciare due diverse esigenze: da un lato la tutela della persona offesa dalla notizia diffamatoria e dall’altro la necessità che una disciplina sanzionatoria non violi mai la libertà di stampa e di critica e il diritto di cronaca costituzionalmente garantiti.

Non è, ovviamente, un tema riguardante solo casa nostra. La Corte europea dei Diritti dell’uomo (Cedu), infatti, ha lungamente trattato la questione della criticità delle pene detentive per i casi di diffamazione, fino ad arrivare, in una sentenza del 2009, a condannare la Grecia al risarcimento di un giornalista, stabilendo che «le pene detentive non sono compatibili con la libertà di espressione», perché «il carcere ha un effetto deterrente sulla libertà dei giornalisti di informare, con effetti negativi sulla collettività che ha a sua volta diritto a ricevere informazioni».

La Corte costituzionale, dal canto suo, ha ribadito la necessità di una complessiva riforma in materia, allo scopo di «individuare complessive strategie sanzionatorie in grado da un lato di evitare ogni indebita intimidazione dell’attività giornalistica, e dall’altro di assicurare un’adeguata tutela della reputazione individuale contro illegittime aggressioni poste in essere nell’esercizio di tale attività».

La ricerca dell’equilibrio

Il mio disegno di legge si muove esattamente lungo questi irrinunciabili solchi. Si va, infatti, dalla modifica degli articoli 57 e 595 del codice penale in materia di reati commessi con il mezzo della stampa e di diffamazione con il mezzo della stampa, all’introduzione di misure a tutela del soggetto diffamato, con il diritto dell'interessato a domandare l'eliminazione dai siti internet e dai motori di ricerca dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della legge, fino alla modifica dell'articolo 200 del codice di procedura penale, relativo al segreto professionale, estendendo la protezione anche al giornalista pubblicista.

Stesso equilibrio intendono perseguire gli interventi riguardanti le spese di querela e la lite temeraria. Credo sia un punto di partenza importante per poter affrontare in parlamento una questione, non più rinviabile, che riguarda la qualità della nostra democrazia.

La politica e le istituzioni hanno il dovere di creare le migliori condizioni affinché i giornalisti, tutti gli operatori dell’informazione e l’intero settore dell’editoria, possano sempre svolgere al meglio il loro lavoro, la loro funzione.

Tra queste, la prima e indispensabile è la tutela del diritto di espressione, la garanzia della sicurezza e della libertà dei giornalisti. Perché guai a pensare che sicurezza e libertà siano acquisite una volta per sempre, purtroppo. La libertà di stampa va difesa e affermata. Sempre e ovunque, con un impegno costante e continuo.

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