Curdi al macello per compiacere il “dittatore” Erdogan? Il presidente della Turchia venne definito tale per non aver assegnato la poltrona al suo fianco alla presidente dalla commissione Ue Ursula von der Leyen in occasione di un meeting a Istambul.

Mentre su questo sfregio al  galateo diplomatico si sono spese milioni di parole indignate, non si trova un rigo sui dieci anni comminati ad una oppositrice come Canan Kaftancioglu, sul carcere a vita all’attivista per i diritti civili Osman Kavala, difensore di Gezi Park dalla speculazione edilizia, sulle decine di giornalisti incarcerati  tanto che nella classifica di Reporters sans frontières  del 2020 la Turchia era valutata più repressiva della Russia, classificate rispettivamente al 149° e al 154° posto.

La Turchia di Ergodan continua ad essere un outlier, un paese fuori categoria tra i membri Nato non solo per sua politica interna autoritaria quanto per la sua politica estera. 

In primo luogo è l’unico paese la mondo che pur essendo parte di una alleanza militare come la Nato acquista armamenti dal nemico russo, i missili antiaereo S-400. Senza che questo provochi alcuna sanzione (Se l’avesse fatto il governo Conte cosa sarebbe successo?).

In secondo luogo, è il paese che ha spadroneggiato nel Mediterraneo arrivando a mandare la sua marina a far sloggiare da acque internazionali le navi dell’Eni che erano  alla ricerca di giacimenti di idrocarburi. Finché non è arrivata la Francia e, come tutti i dittatori, ha capito le ragioni della forza. Poi, in Libia continua a fare una partita a sé, indipendentemente da qualsiasi intesa con gli alleati atlantici.

Di fronte a un regime di tal fatta, amareggia e sconcerta che un paese di grande tradizione liberale come la Svezia pur di accedere alla Nato abbia chinato la testa e accettato le pretese di Erdogan di avere per le sue carceri dei militanti del partito curdo Pkk, rifugiati nel paese scandinavo (e lo stesso vale per la Finlandia).

Come se non bastasse, la stessa Svezia si è dichiarata favorevole ad eliminare l’embargo delle armi alla Turchia senza che fossero venute meno le ragioni della precedente decisione. Il ché significa, implicitamente, il via libero dell’ Occidente libero e democratico ad una ulteriore invasione del kurdistan siriano.

Evidentemente alcuni paesi possono invadere, e altri essere invasi, con il nostro plauso . Seguendo questo doppio binario, non si può pretendere di innalzare l’Occidente e la Nato a baluardo della civiltà. Meglio abbassare i toni.

C’è un vasto mondo al di là del G7 che ci guarda perplessi e non è più disposto ad accettare la supremazia dei nostri valori, tanto più se li sventoliamo solo a giorni alterni, in base alla nostra convenienza.

Non si può essere leader morali del mondo con queste ambiguità ( e molti aspettano ancora un mea culpa sull’invasione dell’Iraq e su Guantanamo) . 

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