«Quando la terra mi fia straniera valle e dal mio sguardo fuggirà l’avvenir….» scriveva duecento anni fa Giacomo Leopardi nella poesia Le Ricordanze. Per molte persone anziane il mondo dell’informatica è diventato una straniera valle, reso ancora più ostico dall’invasione delle app, ormai necessarie per accedere a molti servizi di base, pubblici e privati.

Innanzitutto bisogna possedere uno smartphone e saperlo usare, e già questo risulta una prima barriera per l’utilizzo dei servizi.

Quasi tutte le banche hanno adottato una app che serve per entrare nella home banking e per autorizzare le varie operazioni, come bonifici, pagamento delle imposte o giroconti.

Queste autorizzazioni arrivano sulla app dello smartphone ma spesso non si vedono e allora bisogna creare un codice Otp (One Time Password) per entrare o per autorizzare un’operazione.

Autorizzazioni sulla app e codici Otp hanno una durata di pochi secondi e se non si è veloci nel loro utilizzo bisogna ricominciare da capo.

In mancanza di uno smartphone e della capacità di usarlo, bisogna recarsi in banca ogni volta, facendo lunghe file perché nel frattempo le banche hanno ridotto il numero degli sportelli e, in molti casi, le operazioni di cassa si fanno solo il mattino.

Per entrare nel proprio fascicolo sanitario esiste una procedura complessa attraverso l’uso della carta di identità elettronica (che non tutti possiedono) oppure con lo Spid, il sistema di accesso della pubblica amministrazione.

Per entrare con lo Spid bisogna passare attraverso la app di uno dei browser autorizzati dallo stato, come Lepida Id, Tim Id, Intesa Id eccetera, inquadrando un QR code con la app, per poi dare l’autorizzazione definitiva. Si tratta di un processo per molte persone complicato.

Semplificazione?

La app Immuni, che doveva servire a scaricare il Green Pass e vedere se si era entrati in contatto con un positivo al Covid ha funzionato talmente male, facendo infuriare gli utilizzatori, che alla fine lo stato l’ha chiusa.

Ultimamente con la raccolta dei rifiuti è nata la app “Il rifiutologo” con la quale, inquadrando il codice del rifiuto, posso vedere di quale rifiuto si tratta: carta, plastica, organico o indifferenziata.

A questa app è associata anche una tessera con la quale posso aprire il bidone nel quale gettare la spazzatura.

Ma questo, con una chiara violazione della privacy, permette alla società incaricata della raccolta dei rifiuti di vedere quante volte apri i bidoni calcolando una Tari che, in caso di molte aperture per errore può accertare un’imposta pari a quella di un’unità abitativa di 10 persone anche se vivi solo.

Occorre poi avere sul proprio smartphone le app My Tim, My Hera, My Windtre, per scaricare le relative bollette e leggere i termini del proprio contratto.

Problemi per le persone anziane

Inevitabile che tutto questo crei problemi alle persone anziane. La popolazione italiana di età superiore a 75 anni è di circa sette milioni.

 Si può ragionevolmente supporre che una buona parte di questa popolazione abbia difficoltà di utilizzo di queste app, quindi di accesso ai relativi servizi. Il problema pone quindi diversi interrogativi anche in relazione alla normativa nazionale e internazionale.

Le persone anziane oltre i 75 anni in genere non hanno avuto nel loro percorso formativo un’educazione all’informatica, anche perché a quel tempo non esistevano gli smartphone e i personal computer.

Inoltre, queste persone soffrono spesso di disturbi dovuti all’età come una minore acutezza visiva e uditiva, problemi cardiaci, artrosi invalidanti che creano disabilità, disabilità che spesso impedisce di recarsi agli sportelli dove fare le operazioni che non si riescono a fare via app.

Discriminazione

Ci si potrebbe chiedere se questa situazione non determini una qualche discriminazione per età tra cittadini, con riferimento all’accesso a servizi dello stato o di privati. Il diritto alla non discriminazione è sancito nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu, art. 14), che garantisce la parità di trattamento nel godimento dei diritti riconosciuti nella convenzione.

Con la Direttiva 2000/78 Ce, poi, sono state fissate disposizioni volte a proteggere contro la discriminazione basata sull’età. Infine, il principio della non discriminazione per età è sancito dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea del 12 dicembre 2007 (art. 21), che ha lo stesso valore dei Trattati, quindi è vincolante per gli stati membri.

Disabilità

È invece la normativa sulla disabilità che riguarda il nostro caso. In più testi di legge a livello nazionale, europeo e internazionale è affermato il diritto all’accessibilità di prodotti e servizi.

Un ambiente in cui i prodotti e i servizi sono più accessibili rende possibile una società più inclusiva e facilita la vita indipendente delle persone con disabilità.

Esiste innanzitutto la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (Uncrpd), adottata il 13 dicembre 2006, che annovera tra le persone con disabilità «quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri». La fragilità legata all’età può rientrare a pieno titolo nell’ambito considerato dalla Convenzione.

Le direttive europee

Ritroviamo tali principi nelle direttive europee come la direttiva Ue 2016/2102 (The Web Accessibility Directive) che ha introdotto una nuova disciplina in materia di accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici, recepita con il Decreto Legislativo 106 del 2018.

Le norme stabilite nella direttiva riflettono il lavoro in corso della Commissione per costruire una “Unione dell'uguaglianza” europea sociale e inclusiva, in cui tutti gli europei possano partecipare pienamente e attivamente all'economia e alla società digitali.

Vi è poi la direttiva (Ue) 2019/882 del parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019 sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi. Purtroppo il recente decreto Legislativo 17 maggio 2022 ha procrastinato gli effetti di questa direttiva al 28 giugno 2025.

Le norme europee sono state recepite in Italia ma, come abbiamo mostrato, tra le norme e la realtà dell’accessibilità ai siti web c’è un divario che il nostro paese non ha ancora colmato.

© Riproduzione riservata