«Aveva come obiettivo la costruzione di un'Italia limpida e discreta, un'Italia seria, molto seria». Romano Prodi ha scelto queste parole per la moglie Flavia durante i funerali nella chiesa di San Giovanni in Monte a Bologna.

C'erano i figli, i nipoti che stringevano il Professore, Chiara che somiglia a Flavia, i parenti, gli amici, le figure con cui il Professore ha condiviso le responsabilità pubbliche, a partire da Mario Draghi, direttore generale del Tesoro nel primo governo Prodi.

I preti: il cardinale Matteo Zuppi, don Luigi Ciotti del gruppo Abele, don Dante Carraro del Cuamm-Medici per l'Africa. E c'era tanto popolo. Nell'insieme, un frammento di un'Italia illesa nel suo impegno quotidiano, silenzioso, invisibile, in questi anni di «vanagloria», come l'ha definita Zuppi.

Nella sua bella vita Flavia Prodi non ha mai dovuto dirsi anti-qualcosa, o peggio anti-qualcuno, per dire chi era. Ha ricucito gli strappi, come fanno tanti italiani e italiane senza potere, con «radicalismo mite». Nei suoi momenti migliori il centrosinistra non è stato anti. Non era anti il centrosinistra di Moro e Nenni negli anni Sessanta. E non lo era il governo dell'Ulivo di Prodi negli anni Novanta, come invece fu l'Unione nel 2006.

Era un'idea di un paese più moderno, più europeo, più attento alle fragilità. Non elitaria, ma popolare. Quell'esperienza fu colpevolmente consumata, tra guerre intestine, nell'impossibilità di un progetto di riforme, un orizzonte più ampio. L'anti-berlusconismo arriva dopo, come un alibi, quando non sai più dire chi sei, speculare al berlusconismo.

L'anti-berlusconismo per una parte della sinistra è diventata una identità per negazione, perché in positivo era smarrita. Parafrasando Gaber, qualcuno era anti-berlusconiano perché non era riuscito a diventare berlusconiano. E l'anti-berlusconismo si è spesso capovolto in una oscura volontà di emulazione, specie tra i post-comunisti: la ricchezza come nuovo sol dell'avvenire, il cinismo, la perdita di contatto con la realtà. È stato un cambio di egemonia. La parola popolo è stata occupata dai populismi e dalla destra. Si sono persi cielo e terra.

Cielo e terra insieme, così Prodi con pudore e dolcezza ha racchiuso la sua vita felice con Flavia. Cielo e terra insieme sono lo spazio del cattolicesimo del post concilio, che è attaccamento alla realtà quotidiana e apertura all'infinito, ma sono anche lo spazio della politica, «valutazione razionale del possibile e sofferenza per l'impossibile», come la definiva Pietro Scoppola.

Quell'Italia discreta, limpida, molto seria, è stata abbandonata, è rimasta senza rappresentanza politica, senza un ideale e senza un progetto concreto, senza cielo e senza terra. Quello spazio, però, resta, è enorme, a saperlo ritrovare. Serve, di nuovo, una Canzone popolare.

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