L’Unione europea è nata con l’ambizione di realizzare l’ideale universalista di difendere la pace attraverso la libertà. Un’utopia che ha attraversato il pensiero occidentale dall’antichità classica e ha trovato la più compiuta sistemazione morale e giuridica con Immanuel Kant e Hans Kelsen.

La democrazia (per Kant il “governo costituzionale”) ispira relazioni di fiducia e di cooperazione perché è governo della legge che opera sotto l’occhio vigile e libero dell’opinione dei cittadini. La politica come rendicontazione. In prospettiva, questo debilita i poteri arbitrari e crea una rete di relazioni internazionali nella quale i tiranni saranno meno liberi di esercitare impunemente il loro potere. La democrazia costituzionale dentro gli stati facilita relazioni tra gli stati basate sul diritto. Questa non è una favola bella e lo stesso interesse economico vi contribuisce.

Probabilmente questa filosofia riposava su un assunto non detto: l’equilibrio demografico, anzi la sottopopolazione del globo. Da Locke fino a Kelsen, l’idea era che le risorse del pianeta bastassero comunque per i suoi abitanti. Con la crescita economica del secondo dopoguerra e la globalizzazione, questo assunto decade. Che ne sarà dell’ideale della pace attraverso la libertà in un globo iperpopolato?

Prendiamo il caso dell’immigrazione, che mette sotto stress le ambizioni delle nostre democrazie pronte a fare accordi con paesi non-democratici o autoritari al fine di “governare i flussi migratori”. È come se le democrazie avessero bisogno di essere circondate da non-democrazie per riuscire a proteggere se stesse.

Questo è un vulnus della filosofia sulla quale è nata l’Ue. Nel 2017, il governo a guida Paolo Gentiloni (con il ministro Marco Minniti) siglò accordi con i maggiorenti libici perché si occupassero di “contrasto all’immigrazione clandestina”.

Poi fu la volta del governo “tecnico” di Mario Draghi (con il ministro Luigi Di Maio) che fece accordi sia con la Turchia sia con la Libia, impegnandosi a finanziare le attività di contenimento dei flussi ai confini sud, con il Ciad e il Niger da dove provenivano i migranti dell’Africa subsahariana.

Oggi Giorgia Meloni persegue la stessa politica e fa accordi con la dittatura tunisina: le stesse parole e gli stessi obiettivi dei governi di centro sinistra e “tecnici” che l’hanno preceduta. Chiediamoci se questo tipo di accordi per “fermare l’immigrazione” sarebbero possibili con paesi democratici. Non lo sarebbero.

Ciò significa che, oggi, l’Unione europea ha quasi bisogno di essere circondata da paesi non democratici che facciano i cani da guardia alle sue frontiere. Si tratta del rovesciamento del principio kantiano, di una svolta verso un’Europa nazionalista con l’ausilio di paesi non democratici. Possono i democratici accettare il declino dell’ideale universalista?

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