Sabato 14 giugno quella che viene definita la più grande manifestazione di Resistenza del Paese: in senso politico sì, ma anche per la forza fisica necessaria per affrontarla. Si parte sotto lo schianto del sole da piazza della Repubblica per attraversare la città fino al Colosseo, tra musica techno e glitter. E anche se alla fine il trucco si sarà sciolto, saremo comunque insieme e favolos*
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Non esistono domande stupide. Certo però quando sentiamo chiedere «Ma c’è davvero bisogno oggi di farlo questo Gay Pride?» qualche dubbio viene.
Archiviata l’insofferenza, puntualizzato che non si dice più “Gay Pride” ma semplicemente “Pride“, verrebbe da rispondere: ma tu lo sai che ancora oggi in Italia ci sono centinaia di episodi di omolesbobitransfobia? Lo sai che ancora oggi in Italia non esistono leggi che tutelino specificatamente le persone Lgbtqia+? Lo sai che ancora oggi centinaia di Paesi nel mondo prevedono carcere e/o pena di morte per le persone Lgbtqia+?
Lo sai che.... Poi ci ricordiamo che non è elegante rispondere a una domanda, per quanto oziosa, con altre domande e diciamo: vieni, ti racconto il Pride. Il 14 giugno torneremo a sfilare per le strade di Roma con il Roma Pride.
Per prima cosa bisogna essere preparat* a sfidare le strade della Capitale e a perdere miseramente, perché si sa che fra tacco a spillo e sampietrino vince il sampietrino.
A costo però di giocarsi una caviglia ed entrambi i metatarsi, nessun* si sogna di tirarsi indietro.
Quando dicono che la parata di Roma è la più grande manifestazione di Resistenza del nostro Paese, intenderanno sì in senso politico, antifascista, di protesta, partecipativo, ecc. Ma sospettiamo che segretamente alludano soprattutto alla resistenza fisica necessaria per affrontarla.
Il caldo, i chilometri di percorso, le birre a cinque euro, i sette colli con le discese ardite e le risalite... Tutto sovradimensionato, ma cavolo, è il Pride più grande d’Italia, bellezza.
Si parte da Piazza della Repubblica nel primo pomeriggio e già l’impatto è dirompente. Non importa quanto per tempo ti sforzi di arrivare, già si cammina a fatica e la piazza si agita in un tripudio di sorrisi, facce arcobaleno, striscioni bandiere e occhiali da sole che si sollevano: anche voi qui? E dove sennò?
I carri pronti in fila come elefanti col baldacchino emettono a decibel impazziti ognuno la musica che vuole, ognuno come gli va, ma tanto poi ogni due per tre parte la Carrà. Intanto sotto ci si scambiano abbracci, selfie, glitter q.b., e copiose spalmate di crema solare, perché, certo la sicurezza, ma soprattutto le rughe, cara!
Con studiato ed elegante ritardo irrompe il carro di Muccassassina con la sua entrata a effetto da vera diva, sparando a cannone musica techno, drag queen e gogo boys. Applausi meritati.
Noi sul carro del Direttivo accogliamo la madrina di turno, eventuali autorità e finalmente all’improvviso i pachidermi si muovono, facendo oscillare pericolosamente tutto quello che hanno sopra (drag queen comprese) e schivando per un pelo i fotografi sotto pronti a farsi schiacciare pur di scattare la foto dell’anno con la madrina a gambe all’aria.
Poche centinaia di metri, superata la stazione Termini, e già la folla è raddoppiata o anche più e adesso siamo mare, allaghiamo la città. Dopo la salita di Santa Maria Maggiore, scendiamo per Via Merulana e lì basta guardarsi intorno perché l’emozione ti colpisca in pieno come i rami degli alberi troppo bassi: adesso tutt* ballano, ridono, cantano, protestano, urlano, sorridono e si arrabbiano, incitati dagli slogan alquanto inca**ati che tuonano dai carri, perché il Pride è una festa ma è pur sempre politica, tesoro.
Dai palazzi intanto si affacciano a centinaia, i balconi sono pieni di anzian*, ragazz*, gente comune e bambin* in braccio a genitori che a quanto pare sanno spiegare benissimo cos’è il Pride.
Piovono saluti, incitamenti e sorrisi: siamo con voi, sembra dire la sola società che potremmo definire civile.
A via Labicana si passa davanti alla sede dei Pro Vita e nonostante inevitabili fischi e cori di protesta, la manifestazione rimane non violenta persino davanti a chi della violenza verbale e istituzionale ha fatto una regola. Non ci curiam di loro, urla una drag queen vestita da Dante Alighieri, e sfiliamo via a testa alta.
Per fortuna tanto aplomb ottiene la giusta ricompensa, e, girata la curva, Roma ci regala il Colosseo. Sembra vicino, ma ci vorrà ancora molto per raggiungerlo. Per fortuna, aggiungeremmo, perché questo è il momento più bello: il sole comincia a calare, il cielo vira al rosa, il caldo scende, la musica sale, la birra pure.
Colle Oppio è gremito, la gay street trabocca, via dei Fori è stracolma. La madrina a questo punto di solito è confusa e felice, come noi, scalza, come noi, e bisognosa di un ritocco al trucco, meno di noi, così ci scambiamo un po’ di rossetto e molta commozione: meno male che tutte abbiamo optato per il mascara waterproof.
Ci avviamo verso Caracalla dove la Pride Croisette in grande spolvero è pronta ad accogliere discorsi di attivist* e politici che ricordano i traguardi passati e preannunciano le battaglie future, perché ahimè, siamo fuorilegge pare, o almeno ai margini della legge pare, ma non per scelta nostra pare.
Così mentre si ascolta abbracciati inghiottendo un po’ di rabbia e le ultime gocce di birra ormai bollente, ci sentiamo anche sollevat* perché sappiamo di essere una comunità, sappiamo che insieme ce la faremo, ma soprattutto sappiamo che fra poco parte Lady Gaga, perché il Pride è politica ma è pur sempre una festa, tesoro!
Va bene, il cammino per oggi, solo per oggi, si ferma qui, siamo stremat* ma felici, abbiamo fatto la nostra parte e tutt* insieme ci siamo ripres* quella città e quelle strade nelle quali camminiamo timoros* ogni giorno tranne oggi, oggi no, oggi siamo stat* bellissim*, colorat*, disordinat*, consapevol*, favolos*, insomma nient’altro che orgoglios*.
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