Quando il governo Meloni ha preso di mira i diritti delle famiglie arcobaleno nelle città italiane, Terry Reintke – la leader dei Verdi all’Europarlamento – ha risposto organizzando un argine difensivo a Bruxelles. Non ci sono stati solo i riflettori accesi, e la conferenza stampa con Beppe Sala, ma anche la condanna dell’aula agli «attacchi alla comunità lgbt in Italia». Dire che i diritti lgbt sono una priorità di Reintke sarebbe riduttivo: è più corretto dire che sono la sua quotidianità. Ha un profilo Twitter che è un album di famiglia, dove c’è la sua famiglia politica green e c’è «Mel», Mélanie Vogel, la sua compagna che guida il partito verde europeo.

La settimana si è aperta con la revoca del patrocinio al Pride di Roma da parte del governatore meloniano Rocca. Che ne pensa?

Lo trovo scioccante, ma non posso dire che mi sorprenda: queste mosse sono sulla stessa linea di quelle che avevamo condannato come Europarlamento. Sembra proprio che l’esecutivo Meloni, e il partito di governo, stiano prendendo di mira la comunità lgbt. Siamo molto preoccupati di questo.

Nei testi votati dal Parlamento Ue, l’Italia è finita appaiata a Polonia e Ungheria. Del resto per Orbán «il gender è il grande nemico d’Europa». Con Meloni ci stiamo orbanizzando?

Esiste un modo comune di procedere, un blueprint, uno stesso identico canovaccio. L’Italia lo sta seguendo. Il primo passaggio consiste nel ridisegnare il discorso pubblico: le persone lgbt vengono ritratte come una minaccia ai bambini, alla famiglia, ai bei valori della nostra società, e tutto questo facendo leva su credenze e disinformazioni. A un certo punto si passa alla seconda fase: si frena il progresso, si limita la libertà di esprimersi o di riunirsi. Non dico che l’Italia sia già a questo punto, ma dico che sta seguendo una via molto pericolosa che può portare a questo. I discorsi del governo e dei partiti che lo formano indicano che è questa la strategia in corso. Sia chiaro: io non penso che davvero Orbán e l’estrema destra abbiano paura della comunità lgbt; io so che per loro questa comunità è un facile capro espiatorio quando cercano di distrarre l’attenzione da altre questioni. In Ungheria va così: gli insegnanti protestano per le paghe da fame? Parte l’ennesima crociata anti lgbt. Il punto è che qui a rimetterci è tutta la società, anche per la possibilità che le viene sottratta di discutere temi che riguardano il malgoverno. Ecco perché gli sviluppi italiani sono molto preoccupanti.

In effetti la querelle sul Roma Pride deflagra mentre il governo mina il potere della Corte dei Conti di vigilare sull’uso dei fondi di ristoro europei. Al di là dei diritti lgbt, come valuta l’operato del governo Meloni ad esempio in tema di giustizia sociale?

Le disuguaglianze ci sono e il punto è che mentre prima erano state prese iniziative per ribilanciarle, l’impressione è che questo governo stia smantellando gli sforzi che andavano in quella direzione, per esempio i tentativi di migliorare le condizioni delle famiglie più povere. Più i governi di estrema destra prendono piede, meno in Europa abbiamo margini di manovra per dare risposte alle preoccupazioni sociali. L’Italia è un paese fondatore, e ora è in mano all’estrema destra.

Anche nella sua Germania l’Afd cresce; la coalizione semaforo barcolla.

L’Italia infatti non è un caso isolato, l’elenco è lungo, e che dire degli sviluppi in Svezia, in Finlandia, o della Spagna dove la destra avanza? Io mi sento una politica europea e ragiono in un’ottica europea: penso che mentre noi ci struggiamo su come affrontare le crisi multiple, i populisti distraggono l’attenzione con le nebelbomben, diversivi: l’idea che le famiglie arcobaleno siano temibili è una di queste.

Meloni ha chiesto fondi all’Ue dopo il disastro in Emilia. Ma i suoi votano contro il green deal.

Quando sono nei guai chiedono supporto, ma quando lavoriamo alle soluzioni non sono costruttivi.

Vedo che lei twitta foto con Mélanie Vogel, che presiede il partito verde europeo: si può dire che insieme siate una coppia di potere. E ci tenete a mostrare la vostra relazione. «Il personale è politico», come diceva uno slogan femminista?

Sì, il privato è politico, e mostrarci insieme è una scelta. Tra le ragioni, ce ne sono almeno due. La prima è che se quando eravamo adolescenti e ci facevamo mille domande avessimo visto un modello pubblico di coppia gay pieno di gioia e amore, che non si nasconde, questo avrebbe significato tanto per il nostro percorso. Penso a chi tra i giovanissimi vive conflitti interiori o coltiva immagini negative di sé. Inoltre per i politici di destra è più difficile promuovere l’odio di fronte all’immagine concreta di una coppia che si ama.

Cosa può fare l’Ue per arginare gli attacchi ai diritti lgbt?

Servono due strategie, sia difensiva che di rilancio. In difesa, abbiamo dimostrato di voler agire ad esempio con l’iniziativa legale congiunta contro la legge omofoba orbaniana. La Commissione Ue ha proposto una strategia lgbt che ad esempio rende i crimini di odio un reato europeo e permette così di affrontarli come tali. Bruxelles proporrà anche un regolamento per il mutuo riconoscimento delle famiglie omogenitoriali. Il trattamento egualitario delle famiglie significa non discriminarle: è un valore fondamentale dell’Unione.

Si candiderà alla guida della Commissione come spitzenkandidat dei Verdi?

Valuterò, ma se mi conosce un po’ sa che sono un “animale europeo”: la tentazione c’è.

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