Commenti

La Bibbia della mafia, quei comandamenti scritti che non si trovano mai

LaPresse
LaPresse
  • Qualcuno si è perfino spinto a rivalutare la figura di Tommaso Buscetta: “Tuo nonno mi ha raccontato che don Masino aveva sei paia di coglioni”. Il grande nemico, per la sua cantata al giudice Falcone al tempo del maxi processo, il cui nome nelle borgate di Palermo era diventato sinonimo di insulto, oggi è indicato come esempio.
  • Quando trent’anni fa cercarono (e non trovarono) una “carta” nelle campagne del centro Sicilia, fra Riesi e Mazzarino.
  • Di scritto, al momento, a parte i soliti pizzini e libri mastri, abbiamo un decalogo di doveri e divieti abbastanza bislacco: ”Non si possono frequentare taverne, non guardare le mogli degli altri, è categorico rispettare gli appuntamenti”.

Aprire bocca è già troppo, figurarsi poi la parola scritta. Che lascia traccia indelebile, definitiva. È fin da quando sono ragazzo che sento favole su un “documento” della mafia che certifica la nascita e l'esistenza della mafia stessa. Con suoi comandamenti scolpiti in una sorta di Bibbia, impasto di regole e di malintesa religiosità perché, come ha rivelato uno di loro che si è pentito - Leonardo Messina, nato il 22 settembre del 1955 a San Cataldo, provincia di Caltanissetta - «si dice che

Per continuare a leggere questo articolo

VAI ALLA PAGINA DELL’AUTORE