Una delle tracce per l’esame di maturità di quest’anno propone un passo tratto dalle lezioni che Federico Chabod dedicò all’idea di nazione dopo l’8 settembre 1943. A prima vista, si può pensare che si tratti di un ulteriore episodio della battaglia culturale a favore di un nuovo nazionalismo che il governo italiano e alcuni suoi sostenitori stanno portando avanti. Ma la cosa forse gli è un po’ sfuggita di mano, per così dire.

Il senso della nazione

Nel passo proposto, Chabod insiste sul ruolo della libertà politica nell’idea di nazione e ricorda le ascendenze liberali di Cavour e la fede repubblicana di Mazzini, la sua concezione della nazione come mezzo per realizzare il valore dell’umanità e le sue tesi europeiste. Poco dopo il brano estrapolato, Chabod dice: «la nazione è quindi sentita non come valore esclusivistico, a danno altrui, anzi come mezzo per accordarsi e procedere innanzi con gli altri».

Prima aveva contrapposto la visione etnica dei pensatori tedeschi, «che fatalmente sbocca nel razzismo», alla concezione volontaristica degli italiani, che accentuano la scelta di aderire a un progetto che, se pure ha radici storiche, si compie però per volontà dei futuri cittadini, e non solo per destino ineluttabile. (Chabod, dunque, non avrebbe apprezzato le idee di Francesco Lollobrigida. Chissà se i tecnici del ministero lo sanno.)

La tesi di Chabod in queste lezioni è che l’idea di nazione sia sorta nel Romanticismo con la funzione di rivendicare l’individualità particolare, i caratteri e i sentimenti nazionali, contro l’universalismo razionalista illuminista. E Chabod è molto attento anche a distinguere la nazione dal nazionalismo – come, per esempio, quando contrappone il nazionalismo etnico di Herder a quello solidale di Filangieri, in cui le nazioni hanno necessariamente interessi comuni e non sono in conflitto.

Un passo tagliato male

Che si tratti di un passo complesso e tagliato male è ovvio: il brano contiene la citazione di altri passi, in un tripudio di riferimenti che solo studenti o studentesse irrealisticamente colti avrebbero potuto cogliere.

Altrettanto ovvio è che questa traccia comunica messaggi neanche tanto sottili: non solo l’importanza della patria e della nazione, ma anche la continuità fra il Risorgimento e il presente, almeno per quanto riguarda l’Italia come nazione (e pensare che per Galli della Loggia la morte della patria e la sua rimozione si concretizzano anche nelle lezioni sull’Italia contemporanea dal 1918 al 1948 tenute da Chabod a Parigi nel 1950).

Oltre gli usi politici 

Ma ci sono poi i messaggi impliciti. Uno dei passi di Mazzini citati da Chabod recita così: «le nazioni sono “gl’individui dell’umanità come i cittadini sono gl’individui della nazione…”». Questa visione è individualista, non organicista. Le nazioni sono somme di individui, e gli individui – gli esseri umani – sono ciò che conta.

E le nazioni, ci aveva detto Chabod, sono solo mezzi per esaltare l’individualità e salvare le differenze. Uno studente o una studentessa immigrata di seconda generazione e appassionata di storia potrebbe vederci una concezione multiculturale. L’idea di nazione serve a stabilire le libertà individuali e rispettare le differenze.

La nazione non unifica gruppi con una storia comune, ma rende giustizia a storie e caratteri diversi, assicurando loro la libertà di rappresentanza politica. D’altra parte, per Chabod l’idea di nazione esprimeva la «reazione contro le tendenze universalizzanti dell’Illuminismo», che corrispondevano essenzialmente all’«assolutismo illuminato». E Chabod è noto per avere scritto sull’idea di Europa, in un corso universitario gemello, per così dire, di quello sull’idea di nazione.

Certo, si potrebbe pensare che ciò serva a suggerire quell’idea di Europa delle nazioni che la destra contrappone all’Europa della moneta unica. Ma testi come quello di Chabod sono più forti degli usi politici che se ne vogliono fare. Se le nazioni sono fatte di individui, e sono esse stesse individui, allora sono meri raggruppamenti convenzionali e meri mezzi per proteggere gli individui.

Forse è sbagliato pensare che dietro queste tracce ci sia un progetto. Forse c’è solo un indistinto, maldestro, generico omaggio dei tecnici al governo di turno. Ma quando un’idea è del tutto inservibile, come accade con l’idea di nazione, anche esaltarla e proporla può aiutare a disfarsene. Speriamo che alcune delle giovani menti che sono state sottoposte a questo maldestro stratagemma siano state fresche abbastanza per scoprirlo e disinnescarlo.

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