Medicina, un affare per i privati: il semestre filtro avrà conseguenze insostenibili

Sedici iscritti. Su ottanta posti disponibili. Questi al momento i numeri, tanto imbarazzanti quanto prevedibili, della prima classe di studenti della nuova scuola di Medicina e Chirurgia che l’Università Link, già Link Campus University of Malta, ha inaugurato nel settembre 2025 a Fano, nelle Marche. Città adorabile e con alta qualità della vita, in cui ho avuto la fortuna di nascere e trascorrere infanzia e adolescenza. Ma la scelta di studiare medicina è un investimento enorme, e chi la compie considera tanti fattori. La reputazione dell’ateneo e dei docenti. La disponibilità di aule, laboratori, e ospedali con numeri e strutture idonee per l’apprendimento della professione. La presenza di altre facoltà nello stesso luogo, e di un ricco contesto culturale fatto di circoli, teatri, cinema, associazioni e imprese, affinché attraverso un denso scambio di idee ed esperienze ci si formi come professionista e cittadino o cittadina. Né Fano, né Link soddisfano queste condizioni. Era quindi ragionevole aspettarsi che solo in pochissimi avrebbero reputato questa offerta formativa degna di tutti i costi e sacrifici attesi: lo studio, le opportunità di guadagno posticipate, i libri, l’affitto, le rette universitarie – queste ultime, nel caso di Link, di quasi ventimila euro all’anno. Di fronte a questo fallimento annunciato, così come era sembrato inspiegabile l’entusiasmo dei politici locali e nazionali che avevano sponsorizzato l’operazione, è apparso altrettanto surreale l’ottimismo della dirigenza Link che ha rilanciato così: nessun problema, aumenteremo i nostri iscritti con una seconda tornata di ammissioni di chi non ha superato il “semestre filtro” nelle università pubbliche. E poi una terza, una volta che saranno definite le graduatorie per le università pubbliche. A oltranza, insomma. Rimediare a un fallimento scommettendo su un altro fallimento, anch’esso prevedibile: quello appunto del nuovo ordinamento per l’ingresso alla facoltà di Medicina. Nell’applicazione della riforma in questo suo primo anno, non c’è stata pressoché nessuna considerazione per la disponibilità di spazi per ospitare un numero potenzialmente elevato di studenti. Né tanto meno per la difficoltà di trovare un alloggio temporaneo a prezzi accessibili nelle città universitarie. La decisione di tenere lezioni ibride, sia online sia in presenza, ha poi concesso un vantaggio a chi già vive in quelle città o può permettersi di trasferirvisi, penalizzando chi abita lontano. Offrire i corsi esclusivamente online, oltre a evitare problemi logistici, avrebbe anche parificato i punti di partenza ed evitato ulteriori disparità non basate sul merito. Il semestre filtro si è poi rivelato un bimestre, con compressione del contenuto dei corsi in poche settimane. I tre esami sono stati programmati subito dopo la fine dei corsi e nello stesso giorno, e si sono tenuti condizioni ambientali a dir poco inospitali (in capannoni, al freddo, etc.). Cosa poteva andare storto? Al “flop” del primo appello di esami, con meno del 15 per cento degli iscritti promossi, è seguito quello del secondo. E per non rischiare che gli ammessi siano addirittura meno dei numeri chiusi del passato, già si parla di sanatorie, con tutti dentro in graduatoria, per tappare buchi ed evitare ricorsi. Quantità o qualità? Le domande aperte sul nuovo test di medicina Il privato prima della Costituzione Rimediare a un fallimento annunciato grazie a un altro fallimento annunciato, si diceva. Ma poi, un fallimento per chi? Forse non per tutti gli attori coinvolti. Forse la pesca a strascico dell’Università Link, con prove di ammissione a oltranza, ha un suo senso. Una risposta al caos del nuovo ordinamento e all’incertezza e sfiducia generatesi potrebbe, infatti, essere un maggiore interesse per le università private – quelle con buona reputazione, come Cattolica o Vita-Salute San Raffaele, e quelle spuntate come funghi e nelle località più improbabili. Solo una piccola minoranza, tuttavia, disporrà di mezzi economici adeguati ai costi; altri e altre magari si indebiteranno. E in ogni caso, per coprire le aumentate spese, ci sarà un incentivo più forte a intraprendere carriere più lucrative alla fine del percorso di studi. Nella forma di specialità più redditizie (chirurgia plastica, ortopedia), lasciando scoperte le altre, o di impiego in studi e cliniche privati invece che nella medicina pubblica e di base. Casualmente, i proprietari di alcune di queste nuove università finanziano generosamente partiti di governo, e l’editore dei maggiori quotidiani filogovernativi è un senatore noto anche come il re delle cliniche private. Quello che sta succedendo intorno ai corsi di laurea in Medicina appare proprio come l’ennesimo tentativo di svuotare il sistema pubblico anche nei settori che offrono beni e servizi essenziali e garantiti a tutti dalla Costituzione, come istruzione e sanità. La narrazione sull’importanza della presenza del privato in questi ambiti, e della “aziendalizzazione” di scuole e ospedali, viene da lontano ed è spesso stata, purtroppo, “bipartisan”. Ma il governo Meloni ha imposto un’accelerazione sostanziale affinché in questa competizione il pubblico uscisse perdente: dal calo della spesa sanitaria relativamente al Pil, al ritardo di decreti attuativi sulle liste d’attesa, ai bonus per frequentare le scuole private, e così via. I luoghi dell’istruzione e della sanità pubblica, tuttavia, non sono solo erogatori universali di servizi essenziali. Ma sono anche presidi di democrazia, e parte del sistema di pesi e contrappesi "informali” che vigilano affinché nessun potere costituito eserciti abusi. Ora guarite Medicina. Dopo il fallimento del semestre filtro serve una riforma strutturale Così come la stampa o i sindacati, anche gli operatori sanitari ed educativi assolvono a questo ruolo, perché hanno giornalmente il “polso” delle condizioni in cui i loro servizi possono essere erogati, delle eventuali disparità di accesso, dell’emergere di malessere diffuso, insomma della capacità delle persone di rapportarsi al potere nelle migliori condizioni. E agendo senza finalità di lucro, possono ottemperare a queste funzioni senza palesi conflitti di interesse. La riforma della magistratura e quella in fieri del premierato indicano già un percorso verso un sistema di “tirannide della maggioranza” potenzialmente eversivo. E insieme all’occupazione capillare del servizio pubblico di informazione e alla delegittimazione sistematica della libera stampa, l’insensata riforma dell’accesso agli studi universitari di Medicina e il sostegno all’istruzione e sanità private si mostrano come una nuova frontiera nell’accentramento del potere politico ed economico in cui la destra è impegnata a tutti i livelli di governo. Tenere gli occhi aperti su queste dinamiche, nel piccolo di singole iniziative locali e nel grande del complesso universitario nazionale, non riguarda solo il personale sanitario e quello educativo, gli studenti e le loro famiglie, ma coinvolge tutti coloro che desiderano difendere la Costituzione democratica.