Rispettare gli avversari politici non è facile per la destra. Lo si vede soprattutto quando governa e mostra in pieno la propria concezione del potere.

E’ sperabile che la sua accettazione delle regole del gioco sia effettiva; che se ne vada all’opposizione qualora perda le elezioni e che mai usi la violenza contro gli avversari politici.

E’ sperabile, ma non scontato. E’ comprensibile mantenere un sano scetticismo dopo le violenze squadriste contro alcuni studenti fiorentini, dopo l’attacco al giornale Domani, e di fronte al linguaggio violento e vergognoso usato contro Elly Schlein, la nuova segretaria del Partito democratico.

Quando Giorgia Meloni è diventata presidente del Consiglio, dalla parte avversa sono giunti commenti perfino di ammirazione, e comunque espressioni di civilissimo dissenso.

Si è scommesso sulla sua sincerità democratica, nonostante le diverse occasioni nelle quali Meloni aveva mostrato di saper usare un linguaggio aggressivo e intollerante, dai banchi della Camera o nelle adunate della destra, in Italia e all’estero.

Eppure, la sua vittoria elettorale è valsa da sola a convincere le opposizioni e l’opinione che tutto era nella norma.

Quando Elly Schlein ha vinto le primarie, dalla parte avversa sono arrivati commenti ingiuriosi. E non soltanto dai “leoni da tastiera” ma anche da personaggi pubblici.

Il sindaco di Grosseto ha offeso pesantemente Schlein e si è giustificato dicendo che mai si sarebbe privato «della libertà di poter esprimere il mio sarcasmo, anche a costo, talvolta, di andare sopra le righe». Ma non esiste la libertà di offendere.

Il diritto alla libertà di espressione deve essere, in una democrazia, accompagnato dall’autolimitazione. La reciprocità è la chiave per intendere la differenza tra libertà come licenza e libertà come diritto. L’offesa non è un bene da difendere perché non è un bene da condividere – scambiarsi offese è una ricetta alla violenza non al dialogo.

Le buone regole di vita pubblica dovrebbero educare i comportamenti e il linguaggio al rispetto. Rivendicare la libertà di aggredire con le parole equivale a concepire la libertà come un’arma contundente. Come un manganello.

Così è per gli ignoti cittadini di destra che scrivono sui muri di Viterbo frasi nazifasciste contro Schlein. O quando si attacca la stampa e si sequestrano articoli di giornale. Fatti diversi ma parte dello stesso genere: la poca dimestichezza della destra con il diritto di libertà.

Le critiche sono il sale della politica democratica, ma offendere un’avversaria o attaccare la stampa sono un veleno.

Non capirlo è un problema serio al quale non è facile porre rimedio. Per questo, dobbiamo essere diffidenti e coltivare un sano scetticismo.

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