Il miglioramento dello schema di regolamento dell’Anvur è sovrastato in negativo dall’inciso che la proposta di modifica contiene, dovendo l’Agenzia valutare questo ambito solo «se richiesta dal ministero»
La valorizzazione della conoscenza da parte del sistema universitario e della ricerca, ha scritto di recente il Consiglio di stato, deve essere riferita al «patrimonio di conoscenze prodotto […] da diffondere presso la società o l’opinione pubblica». È questo, e non solo il “trasferimento tecnologico”, che deve essere valutato.
Per tale ragione, dobbiamo porre la massima attenzione allo schema di regolamento che modifica l’art. 3 del decreto del presidente della Repubblica n. 76 del 2010, sul quale entro il prossimo 6 novembre le commissioni parlamentari competenti dovranno esprimere il loro parere. Nell’operare la modifica, infatti, si apre un paradosso: quel principio viene introdotto e al tempo stesso si rende possibile ignorarlo, esponendolo a una rinnegazione pratica. Vediamo.
Il riconoscimento
Nello schema di regolamento governativo su struttura e funzionamento dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), oltre alla revisione di requisiti e modalità di selezione dei componenti dell’organo direttivo, che contiene diversi punti che mettono seriamente in discussione l’effettiva terzietà dell’ente, si prevede che l’Agenzia valuti «la qualità complessiva delle attività didattiche, di ricerca e, se richiesta dal ministero, anche la valorizzazione della conoscenza, delle università, delle istituzioni Afam e degli enti di ricerca».
Il passo in avanti importante risiede nel richiamo espresso alla valorizzazione della conoscenza, intesa nell’accezione ampia ben colta dal Consiglio di stato ed esito di un percorso di progressivo riconoscimento che ha visto protagonisti atenei ed enti di ricerca. È un processo che, come Forum Disuguaglianze Diversità, ci ha visto promotori e partecipi, sin dalla costituzione, nel 2019, di un tavolo informale di lavoro, formato da prorettori e delegati alla cosiddetta terza missione, per confrontarsi sulle rispettive esperienze e avanzare proposte per la valutazione di questo importante ambito.
È stato un primo passo che ha coinvolto ben ventisei atenei e che ha trovato seguito nell’attività di un gruppo di lavoro istituito nel 2020 presso il ministero dell’Università. È dalle sollecitazioni di quel laboratorio che Anvur ha esteso alla “valorizzazione della conoscenza” una valutazione che si voleva originariamente al “trasferimento tecnologico”. Oggi, la proposta di modifica del regolamento del 2010 intende riconoscere l’esito di questo processo, rendendolo non retrocedibile rispetto a eventuali, diverse, opzioni della stessa Anvur. Un passo molto positivo verso il consolidamento di quella che un tempo si chiamava “terza missione”, finalmente non più subordinata alla ricerca e alla didattica.
I passi indietro
Questo passo in avanti è però sovrastato in negativo dall’inciso che la proposta di modifica contiene, dovendo l’Agenzia valutare questo ambito solo «se richiesta dal ministero»: oltre a rendere eventuale il processo di valutazione, questo inciso sembra presupporre, di nuovo, la “minorità” delle azioni messe in campo da atenei ed enti di ricerca nella diffusione presso la società del proprio patrimonio di conoscenze e potenziale formativo.
Nel suo parere il Consiglio di stato ha invitato il governo a rimeditare questo punto, in quanto l’esercizio di un’attività che rientra tra le competenze assegnate dalla normativa primaria all’Anvur sarebbe così condizionato da un impulso ministeriale. Al rilievo formale ne accompagniamo uno di carattere sostanziale che riguarda il possibile effetto indiretto di questa modifica: far tornare le iniziative di valorizzazione della conoscenza nel limbo di uno spontaneismo volontaristico sottratto a valutazione perché privo di effettiva considerazione.
Si evitino i due passi indietro – la riduzione della valutazione a mera eventualità – e si compia decisamente quel passo avanti che la modifica regolamentare potrebbe compiere, rendendo incondizionato l’espresso riconoscimento di una valutazione non più limitata al trasferimento tecnologico.
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