Che senso aveva tenere insieme a tutti i costi una coalizione che si è frantumata sotto gli occhi di tutti in questa maniera fragorosa? La rottura innescata da Italia viva dopo un tira e molla di più di un mese era insanabile. Non si riesce proprio a capire come fosse possibile una intesa tra partiti e persone che sono arrivate a detestarsi profondamente. In politica non ci sono amici, si sa. Però c’è un limite a tutto. La disistima di Matteo Renzi nei confronti di Giuseppe Conte è così palese (mentre quella di Conte è forse solo più trattenuta) che ogni convivenza tra i due avrebbe potuto durare solo lo spazio di un mattino. Le baruffe chiozzotte di queste settimane sarebbero salite nuovamente di tono squilibrando sempre più l’assetto e la vita del governo. La crisi di governo provocata dalle dimissioni dei ministri di Italia viva è stata definita dal Pd addirittura una «azione contro l’Italia». Se le parole hanno un senso, riannodare i fili con chi agisce contro gli interessi nazionali esige quanto meno una pubblica contrizione da parte dai renziani per il grave gesto compiuto. Non sembra proprio che stia avvenendo nulla di tutto ciò. Nemmeno la vergognosa (e lautamente retribuita) comparsata ai piedi del principe saudita bin Salman è servita al Pd , per non dire del partito del ministro degli Esteri, stranamente (?) silenzioso in questa circostanza, ad alzare delle asticelle per riprendere le trattative. No, tutto è stato tranquillamente ingoiato, Anzi. Come raccontano le cronache, chi mena la danza imponendo temi e persone è proprio Renzi, con gli altri a rincorrerlo nella speranza che alla fine si acquieti. Ma alla fine tutto è crollato. Non è stato possibile rimettere insieme la coalizione.

Si è arrivati a questo punto dopo aver logorato il governo Conte con una serie di critiche avanzate da Italia viva fin dai primi di dicembre e una crisi annunciata e poi attuata, ma anche con la ricerca affannosa e fallimentare di qualche senatore raccogliticcio che sorreggesse il governo. Tutto ciò ha indebolito la figura del capo del governo intaccando il bottino di consenso che godeva presso un ampio elettorato. La stella di Conte non splenderà più come prima, privando così la coalizione giallorossa di Pd, M5s e Leu della sua risorsa maggiore nei confronti dell’opinione pubblica. Il precipitare ha portato il Quirinale ad auspicare un governo tecnico con il contributo di tutti, sotto la guida di Mario Draghi. La strada potrebbe essere quella del governo di Carlo Azeglio Ciampi insediatosi nel pieno della crisi di Tangentopoli, nel 1993. Un governo tecnico di alto profilo che affronti le emergenze economiche e sanitarie e porti il paese alle urne, a giugno, quando la tempesta sarà sotto controllo. Alla fine, bisogna ripartire da lì. Arrivandoci però con traghettatori di altissimo livello sulla scia di quelli guidati dal mai rimpianto abbastanza ex presidente Ciampi.

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