I bilaterali Putin-Biden sono serviti a poco, finora. Non paiono esser serviti a molto quelli con Emmanuel Macron o con Olaf Scholz. Questi incontri si muovono lungo lo schema tradizionale che vede gli stati come soggetti indipendenti: ciò che uno guadagna si traduce automaticamente in una perdita per l’altro. 

Nell’era dell’interdipendenza tra gli stati questo schema non funziona più. La perdita per l’uno può essere anche per l’altro. Il guadagno per l’uno può essere anche per l’altro.

Gli stati cuscinetto non esistono più

C’è chi pensa di giocare anche la carta della “finlandizzazione” dell’Ucraina. Diplomazia del passato, quando si pensava agli stati “cuscinetto”, indipendenti e neutrali. Siamo nel Duemila, la globalizzazione nei rapporti sociali, economici e politici impone scelte basate sulla interdipendenza tra gli stati.

Solo queste scelte sono efficaci, gli Europei dovrebbero saperlo da settant’anni, da quando cominciarono a costruire le prime istituzioni sovrannazionali per gestire la loro interdipendenza: nel mercato, nella libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi, dei capitali, nella moneta, nell’elezione diretta del Parlamento europeo e ora anche nel debito comune per gli investimenti sul loro futuro (NextGenUE). 

La crisi ucraina mette a nudo la profonda debolezza dell’Europa nei confronti dei due attori in gioco: gli Usa e la Russia. È sulla questione della sicurezza che l’Europa non c’è, da sempre delegata agli Usa, anche nel caso dell’Ucraina. La difesa europea va avviata, certamente, in forma complementare nel quadro della Nato, ma oggi, nel breve termine, non c’è ancora.

Le armi europee

L’Unione europea può trattare direttamente con la Russia, se riesce a coniugare la sicurezza con lo sviluppo. La Russia è debole economicamente (il suo Pil è inferiore a quello dell’Italia), le sue esportazioni dipendono essenzialmente dal gas, è vulnerabile. La transizione energetica verso la carbon neutrality appare difficoltosa. Coniugare la sicurezza con lo sviluppo sta diventando una necessità strategica per tutti.

Questo principio può essere tradotto in un’azione politica da parte dell’Unione europea, in quanto tale, non da singoli paesi, nemmeno nel formato “Normandia” (Germania, Russia, Ucraina, Francia), uno schema da ancién regime. L’errore è chiedere l’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Non è necessario ai fini della sicurezza dell’Ucraina.

L’Europa può negoziare con la Russia l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue, senza che ciò comporti un’automatica adesione alla Nato. Basti ricordare che Austria, Finlandia, Svezia sono paesi nella Ue, ma non nella Nato. Contestualmente l’Ue dovrebbe offrire alla Russia accordi di libero scambio di merci e servizi, libera circolazione di persone e capitali. Inoltre, l’Ucraina, quale paese membro dell’Ue, potrebbe anche far parte della Comunità degli Stati indipendenti, una volta che questa sia stata rinnovata e avviata alla creazione di un mercato comune dell’est Europa e del Caucaso.

Dunque, un’Ucraina come “ponte” tra l’Ue e la Russia, nell’ambito di una “comune casa europea”, com’era nell’idea originaria di Gorbacev.

Sicurezza e sviluppo assieme. È questa la condizione per far sì che Ue e Russia, anziché condannati a rimanere junior partner di Usa e Cina, diventino invece “equal partner” con Usa e Cina, per sviluppare un sistema multilaterale globale, capace di gestire i grandi problemi della transizione energetica, della salute, della rivoluzione scientifica e tecnologica, dello stato di diritto, per superare i grandi squilibri tra le diverse aree del Mondo. Nella cooperazione anziché nel conflitto. Questa può essere la ratio della politica estera europea.

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