Sia in Italia sia in Europa è stata data poca attenzione a un evento: dopo l’inasprimento del lockdown in Olanda ci sono state tre notti di violente manifestazioni di protesta con centinaia di feriti arrestati; il capo della polizia olandese ha dichiarato che non ricordava eventi simili negli ultimi 40 anni. Questi episodi sono la spia evidente della nuova situazione che si è determinata nel mondo occidentale: i morti ormai non fanno piu’ notizia, i governi gestiscono la situazione in modo approssimativo, allargando e stringendo i rubinetti del lockdown sulla base degli eventi di breve periodo; l'impatto economico e sociale di questa situazione sta diventando sempre più grave, e la stabilità mentale e psicologica di molte persone è a rischio.

Il quadro si sta facendo sempre più drammatico, senza ancora che sia esplosa la bomba della disoccupazione di massa, che si manifesterà non appena terminerà il blocco dei licenziamenti e la riduzione dei sussidi al lavoro. Inoltre la via d'uscita non è affatto vicina né certa: l'Oms e le altre agenzie pubbliche hanno ufficialmente dichiarato che l'immunità di gregge non sarà raggiungibile prima di 12 mesi, ma siamo anche esposti al rischio che il vaccino non ci protegga da eventuali mutazioni future. Non possiamo soffrire ancora così a lungo, né correre il rischio di non avere un piano di riserva.

Due approcci

Non ci stiamo invece accorgendo che esiste un'altra parte importante del mondo: l'Asia, e l'Australia, che sta affrontando la pandemia in un modo totalmente diverso, raggiungendo significativi risultati di riduzione del danno sanitario e di quello economico. 

I due approcci sono stati ormai ben studiati da matematici e fisici: quello occidentale: Lsg (lockdown stop and go) è assolutamente perdente rispetto a quello asiatico, Cfmt (case finding and mobile tracing), che  consiste nel ridurre drasticamente il numero dei casi con un lockdown duro, e poi controllare la soppressione del virus con un tracciamento sistematico, accompagnato da lockdown piccoli e mirati dove appaiono dei focolai.

Questa impostazione ha permesso di avere un’incidenza di malati e morti di oltre l’80 per cento inferiore a quella del mondo occidentale, e il ritorno a un'attività sociale ed economica quasi normale, a un funzionamento delle scuole a pieno regime, e quindi a una riduzione immensa dei costi economici dello stato e dei cittadini. In occidente ci siamo limitati a guardare gli stati vicino a noi, non capendo che stiamo facendo tutti stesso errore, e che le differenze temporanee che si sono verificate sono solo dovute a sfasamenti temporali dell’espandersi e del ritrarsi del virus e di piccole variazioni nelle misure prese. Invece è stata dedicata una narrativa superficiale all'analisi di ciò che avveniva in Asia, dove è presente una grande esperienza legata alla precedente crisi della Sars. I paesi asiatici hanno seguito questo percorso non perché hanno una cultura diversa, ma perché già sapevano come si devono affrontare queste situazioni. 

Il caso australiano

Ora che l'Australia  ha anch'essa abbracciato con grande successo la strategia asiatica non abbiamo più scusanti per chiudere gli occhi. In Australia, dopo che si è passati l'approccio europeo a quello asiatico vi sono pochi casi giornalieri, e non vi sono più morti da 60 giorni. La vita è vicino alla normalità e chiunque può trovare in internet le foto delle spiagge australiane invase da bagnanti, tutti vicini e senza mascherina. 

L'approccio Cfmt ha quindi meno costi economici e molti più vantaggi. Richiede l'obbligatorietà del tracciamento per tutti i cittadini, sapendo però che tutte le informazioni sono automaticamente cancellate entro 30 giorni dalla loro raccolta. Dobbiamo domandarci se preferiamo cedere la libertà di questa piccola privacy, oppure rinunciare ad un normale vivere civile, rischiare una disoccupazione di massa, rinunciare all'educazione dei nostri giovani, vivere la schizofrenia di dover tutti i giorni consultare ciò che ci è possibile fare e cio’ non è consentito. 

I colpevoli di tutto questo non sono i politici, ma siamo noi, sono soprattutto coloro che più hanno ruolo e responsabilità nella società: le organizzazioni degli Imprenditori, i sindacati, gli istituti di ricerca, le università, gli opinion leader e i media. 

Abbiamo commesso il gravissimo errore di trattare un fenomeno che ha un’evoluzione esponenziale come se fosse lineare, ci siamo affidati a competenze non adeguate perché gli unici che hanno capito il fenomeno sono i matematici e i fisici e non i clinici, che hanno studiato  per curare le persone e non per governare le pandemie, abbiamo rinunciato a fare tesoro dell'esperienza e dei risultati degli altri, e infine non abbiamo dato voce al dissenso. 

Finalmente emerge qualche dissenso: la presa di posizione della responsabile scientifica del Financial Times sul rischio di aver puntato solo sui vaccini e non anche sulla soppressione del virus, in Italia il coraggioso libro di Luca Ricolfi: La notte delle ninfee.

Il fatto che tutto il mondo occidentale abbia percorso questa strada non giustifica nessuno, ed anzi ci mostra il conformismo culturale in cui siamo caduti. C’è ancora tempo per cambiare, ed anzi è giusto cambiare, perché la via d'uscita del solo vaccino è ancora molto lunga, e anche un po' incerta, e non è giusto che le nostre società e i nostri cittadini debbano pagare un costo così grave, quando esso può essere ridotto da subito con sforzi limitati. 

Questo articolo vuole essere un appello affinché tutte le voci dissenzienti abbiano il coraggio di emergere, e tutti in generale abbiano il coraggio di mettere in discussione le proprie posizioni e di valutare con mente sgombra le alternative che abbiamo davanti. Infine vuole essere un appello ai media, perché lascino spazio alle voci dissenzienti e perché aiutino l'apertura di un dibattito serio sul che fare.

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